04 agosto 2024

La scuola (1995, Daniele Luchetti)



Da una delle mie pellicole preferite:

L'orario 1

Prof. Maiello (Anna Galiena): (Guardando il tabellone dell'orario) "...era bello mettere insieme tutte quelle ore, soddisfare i desideri. Non vuoi buchi? D'accordo. Vuoi entrare sempre alla prima ora? Va bene. Vuoi entrare sempre dopo le 11? Benissimo! Qualche volta i desideri erano un po' incerti... Vorrei... non vorrei... Forse si... forse no... E così avevo l'impressione di apparecchiare apposta il tempo..."

L'orario 2

Prof. Vivaldi (Silvio Orlando): "Prima di andare via, toglimi una curiosità..."

Prof. Maiello (Anna Galiena): "No"

Vivaldi: "Come no?"

Maiello: (imbarazzata) "Fai buone vacanze"

Vivaldi: "No aspetta... In tutto questo tempo che siamo stati assieme abbiamo parlato di tutto ma non mi ero accorto che ti eri innamorata di qualcuno qui di scuola. Chi era? A me puoi dirlo..."

Maiello: "Guarda l'orario..."

Vivaldi: (guardando l'orologio di Maiello) "L'orario? Sono le otto e cinque"

Maiello: (spazientita, indicando il tabellone dell'orario) "Quell'orario..."

Gli alunni

Prof. Vivaldi (Silvio Orlando): "Astariti non è bravo, è un “primo della classe”. Astariti non c’ha i capelli tagliati alla mohicana, non si veste come il figlio di uno spacciatore, non si mette le scarpe del fratello che puzzano. Astariti è pulito, perfetto. Interrogato, si dispone a lato della cattedra senza libri, senza appunti, senza imbrogli. Ripete la lezione senza pause: tutto quello che mi è uscito di bocca, tutto il fedele rispecchiamento di un anno di lavoro! Alla fine gli metto 8, ma vorrei tagliarmi la gola! Astariti è la dimostrazione vivente che la scuola italiana funziona con chi non ne ha bisogno!"

Gli alunni, il tempo, la giovinezza

Prof.ssa Serino (Anita Laurenzi) al Prof. Vivaldi (Silvio Orlando): "Ci hai fatto caso, Vivaldi? A noi professori capita una cosa spaventosa: i nostri ragazzi non invecchiano mai, vengono qui giovani e se ne vanno che sono ancora giovani. E noi? Noi invecchiamo al posto loro. Ma cos’è, un film dell’orrore? Un effetto speciale?"




15 maggio 2024

La gabbia


Vi siete mai sentiti in gabbia? 

Io si. È da un po' che mi ci sento. 

Eppure ci sono entrato da solo. Nessuno mi ha costretto...

Così al sicuro, in quello spazio delimitato, nella mia gabbia ci vivevo bene. Quattro angoli ben definiti. Nessuna sorpresa, nessun pericolo. Come un uccellino. Semi di miglio e acqua a sufficienza. La sua struttura di filo di acciaio sottile e leggero, mi proteggeva e mi lasciava guardare il mondo fuori. E io lo guardavo. A volte non lo capivo. Spesso lo detestavo. Altre volte ancora ne avevo paura. E mi ritenevo fortunato di stare in quel guscio, con tutto il necessario per sopravvivere. 

Già... sopravvivere. Semplicemente e tristemente sopravvivere. 

La mia esistenza scorreva così, nell'abitudine. Metti il miglio, becca il miglio, metti l'acqua, bevi l'acqua, fai il nido, pulisci le piume, metti il miglio, metti l'acqua... Il tempo passava e non mi accorgevo che la gabbia mi stava uccidendo. Stavo morendo, lentamente, inesorabilmente, senza che me ne rendessi conto... Vedevo il mondo fuori e vedevo scorrere la vita degli altri. La gabbia, che pensavo fosse la mia salvezza, il mio riparo, mi stava stritolando il cuore. 

Ma il mio animo era inquieto. E' sempre stato inquieto. Non ha mai trovato riposo. Ha perennemente vagato nell'insoddisfazione illudendosi di trovare prima o poi uno scopo di vita. Ha cercato ragione di volta in volta nei valori, nelle convenzioni sociali comunemente diffuse ed accettate, nella fede, nella politica, nel lavoro, nella famiglia. E si, perché nella gabbia non ero e non sono solo. Mi ci sono rinchiuso con chi amo. Anche se l'amore che ci ha portato a scegliere di vivere insieme, in quella gabbia, non è più lo stesso del primo giorno in cui ci siamo entrati... Perché ormai è diventato "altro"...

E' così... nel travaglio del mio essere, un giorno ho cominciato a domandarmi se era questa la vita giusta per me, o se invece non valesse la pena che assaggiassi quella che mi sarebbe aspettata se non avessi abitato nella gabbia. 

Ma gli anni sono passati. Velocemente. Velocissimamente. Troppo velocissimamente... E la mia inquietudine è rimasta. Anzi, è aumentata. Ora sono alla vigilia della vecchiaia, e dovrei sentirmi rassegnato a continuare a vivere così, nella gabbia. E morire al suo interno. 

E invece no. Perché è proprio adesso che, sempre più forte, sento il richiamo di tutto ciò che c'è fuori di questo orizzonte ristretto, dove la vista è limitata da fili verticali di metallo ed il miglio ha da sempre lo stesso sapore. 

Perché non mi accontento? Perché non riesco a vivere in pace?

Perché non mi sarà più data un'altra possibilità. 

Perché il tempo sta fuggendo. 

Perché si vive una volta sola... 

Eppure non so decidermi. Perché nella gabbia sto bene. Perché la gabbia è casa mia. Perché nella gabbia ho tutto. Perché se uscissi dalla gabbia farei del male a qualcuno che rimane al suo interno...

12 maggio 2024

Vorrei stare a 800 km di distanza... (malinconia)

 

Non so se sia più triste la quotidiana monotonia della routine settimanale o il forzato e convenzionale cliché di felicità delle feste comandate. In effetti preferisco la prima. Soprattutto se per prendere parte alle seconde mi sento/vedo costretto a partecipare a riti, a presenziare a eventi, a trovarmi nella confusione di decine e decine di persone. Non sto parlando del Natale, neppure della Pasqua. Mi riferisco a feste tradizionali e locali, in cui le comunità, e soprattutto quelle con forti radici rurali, come quella in cui vivo, si ritrovano "a comando", per convenzione, a celebrare un avvenimento del passato o una festa religiosa.

Vorrei stare a 800 km di distanza...


La malinconia

Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v'è al mondo, non c'è al mondo niente
che mi divaghi.

Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S'apre una porta; in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.

Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.

Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l'amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore,
presentimenti.

Malinconia,
la vita mia
amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa,
ch'altro non spero.

Quando non s'ama
più, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa più felice
il suo pensiero.

Io non sapevo
questo; ora bevo
l'ultimo sorso amaro
dell'esperienza. Oh quanto è mai più caro
il pensier della morte,

al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba: suprema
crudeltà della sorte.

Umberto Saba

Non smettete mai di dissentire


 
Non smettete mai di protestare.
Non smettete mai di dissentire,
di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità,
i luoghi comuni, i dogmi.
Cercate la verità!
Non smettete di pensare.
Siate voci fuori dal coro.
Siate il peso che inclina il piano.
Siate sempre in disaccordo
perché il dissenso è un’arma.
Siate sempre informati
e non chiudetevi alla conoscenza
perché anche il sapere è un’arma.
Forse non cambierete il mondo,
ma avrete contribuito a inclinare
il piano nella vostra direzione
e avrete reso la vostra vita
degna di essere raccontata.
Un uomo che non dissente
è un seme che non crescerà mai.
 
Bertrand Russell
tratto da: I sentieri della filosofia

15 febbraio 2023

Una sera di febbraio, il sensitivo

Sera di febbraio

Spunta la luna.
                    Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’allaccia;
sbanda a povere mète.
                              Ed è il pensiero
della morte che, infine, aiuta vivere

Umberto Saba

 

Febbraio

Ogni anno, mentre scopro che Febbraio
è sensitivo e, per pudore, torbido,
Con minuto fiorire, gialla irrompe
La mimosa. S'inquadra alla finestra
Di quella mia dimora d'una volta,
Di questa dove passo gli anni vecchi.
Mentre arrivo vicino al gran silenzio,
Segno sarà che niuna cosa muore
Se ne ritorna sempre l'apparenza?
O saprò finalmente che la morte
regno non ha che sopra l'apparenza.

Giuseppe Ungaretti

31 dicembre 2022

Candide o l'ottimismo


È perché viviamo nel "migliore dei mondi possibili" in quanto "tutto ciò che esiste ha una ragione di esistere":

- che Candido, a causa di un bacio alla bella Cunegonda, stimolato dall'aver spiato una "lezione di anatomia" che si stava svolgendo dietro un cespuglio tra il suo precettore Pangloss ed una servetta, viene spedito con lui fuori dal feudo, "a calci nel sedere";
- che però così può scampare alla morte quando i Bulgari saccheggiano il castello e tutti vengono trucidati,  e Cunegonda, sparisce diventando preda di guerra per la soldataglia;
- che durante la guerra dei sette anni tra bulgari (prussiani) e abari (francesi),  viene arruolato a forza dai primi;
- che quando diserta viene scoperto e bastonato da duemila soldati, e condannato a morte, per essere poi graziato da Federico II;
- che il suo precettore Pangloss si ammala di sifilide;
- che viene imbrogliato a Parigi da un mercante anabattista, Jacques, col quale s'imbarca per Lisbona;
- che durante il viaggio Jacques muore affogato a causa di una tempesta ma lui si salva insieme a Pangloss;
- che con il suo precettore viene "accolto" in Portogallo dove scampa, appena arrivato, al disastroso terremoto/maremoto del 1755;
- che il giorno dopo il terremoto Pangloss viene impiccato dall'Inquisizione durante un autodafé;
- che scampa ancora alla morte ma viene nuovamente fustigato a sangue;
- che viene curato da una vecchia che si scopre essere conoscente della bella Cunegonda, la figlia del barone di cui si era innamorato, ma che in realtà era sfuggita alla morte, e i due si rincontrano;
- che uccide per difesa due potenti del luogo che si contendono l'amore della ragazza, un giudeo di nome don Issacar e il Grande Inquisitore in persona;
- che insieme a Cunegonda e alla vecchia (che si rivela essere una principessa, figlia di un papa, ma caduta in disgrazia dopo essere finita schiava di pirati) scappano oltre oceano fino a Buenos Aires, dove Cunegonda e la vecchia sono ospiti del governatore;
- che con il suo servitore Cacambo scappa rifugiandosi dai gesuiti;
- che dopo aver ucciso il capo dei gesuiti, che in realtà era il giovane barone fratello di Cunegonda che non voleva che la sorella sposasse un plebeo, scappa nella foresta dove scampa ai selvaggi cannibali Orecchioni;
- che con Cacambo risale un fiume ed arriva nella splendida città di El Dorado, dove l'oro e le pietre preziose sono considerate fango e dove non esistono litigi né guerre;
- che abbandona la città con molti montoni carichi di pietre preziose per fare ritorno in Europa e riscattare Cunegonda, tenuta prigioniera dal governatore;
- che ancora una volta s'imbatte in una serie di eventi sfortunati che lo costringeranno a dividersi da Cacambo;
- che incontra Martino, un manicheo dalle idee completamente opposte a quelle di Pangloss, e prosegue insieme a lui il suo viaggio alla ricerca dell'amata, passando per la Francia (dove viene imbrogliato ripetutamente e alla fine deve fuggire per evitare di finire arrestato, durante le repressioni seguite all'attentato di Damiens contro Luigi XV) e l'Inghilterra (dove assiste all'esecuzione dell'ammiraglio Byng);
- che, quindi, va a Venezia, dove incontra diversi personaggi, tra cui Paquette, la servetta del barone divenuta prostituta, il nobile Pococurante, sei sovrani in esilio e il frate Giroflée, che vuole abbandonare il convento e "farsi turco";
- che infine ritrova Cacambo e finisce a viaggiare su di una galera, diretta a Costantinopoli, città dove la sua amata vive facendo la serva e dove ritrova, come schiavi rematori, il filosofo Pangloss, sfuggito miracolosamente alla morte, e il fratello barone di Cunegonda (anche lui sopravvissuto), e li riscatta;
- che a Costantinopoli si ritrova così con Cunegonda, Martin, Cacambo, la serva, la vecchia e il frate Giroflée, ormai convertito all'islam;
- che dopo aver rispedito - tramite galea - il barone gesuita a Roma, finisce per vivere insieme agli altri,  umilmente, in una piccola fattoria da lui comprata con i resti delle ricchezze di Eldorado, per dedicarsi a "coltivare il proprio Orto" (spazio di terra ben definito).

11 settembre 2022

Avrà la mia fiducia e il mio voto chi...

Si, sembro un incrocio tra il Fantozzi, trascurato, con la barba lunga, insonne... dopo aver cercato di capire - invano - a chi dare il proprio voto tra tonnellate di quotidiani e visioni notturne di tribune politiche (quando, tutto sommato, nella politica nazionale non c'erano i cialtroni improvvisati di oggi), e Munch che urla, prima di dipingersi, al sentire la sua anima a brandelli. 

Esagerato! Qualcuno dirà... Esagerato?! E mica tanto! Perché qui la faccenda è seria: chi se lo merita il mio voto? A chi, tra questi quattro poco di buono che si litigano il governo nazionale per i prossimi 5 anni - Grande Finanza permettendo, sempre in agguato con i suoi colpi di stato bianchi a suon di spread e rating negativi - devo consegnare la mia scheda elettorale con la preziosissima crocetta che indica la mia preferenza?

E allora, siccome nessuno - dico nessuno - sta dicendo cose sensate in questa campagna elettorale, soprattutto per farci capire le differenze di politiche in determinati ambiti, facciamo il contrario: sono io che vi dico chi voto.

E quindi alle elezioni politiche 2022, avrà la mia fiducia e il mio voto tra voi:
- chi non considererà un "feticcio" ideologico la riforma della Costituzione, perché la Carta fondamentale dello Stato non è un totem consegnato ai posteri fisso e immutabile, ma contiene in se la previsione sacrosanta di adattarsi ai tempi e di modificarsi. Leggetela, lo hanno previsto i Costituenti;
- chi si proporrà di riformare l'architettura dello Stato con l'applicazione vera ed efficace del principio di sussidiarietà verticale,  pilastro dei trattati dell'Unione Europea, con una nuova riforma del titolo V della Carta, l'abolizione delle inutili, irritanti e pachidermiche Regioni con i loro Governatori che tanto ricordano i telefim di Zorro, il rilancio e potenziamento delle Province,  l'accorpamento dei Comuni sotto i 3.000 abitanti con l'archiviazione definitiva e perpetua dei retaggi medievali della società comunale, il ritorno alle competenze statali nelle materie della sanità, della scuola, dei trasporti, del commercio (perché un cittadino che abita ad Attigliano, Umbria, è uguale ad uno che abita a Bassano in Teverina, Lazio, pur abitando in due Regioni diverse);
- chi riuscirà finalmente a sganciarci dal bicameralismo perfetto e a dotare le due camere di competenze diverse e distinte, poiché dal momento che abbiamo diminuito i parlamentari per dar retta a stupidi miti populisti del "risparmio", dobbiamo ora mettere mano alla essenziale riforma del Parlamento;
- chi abolirà dalla Costituzione il divieto di mandato imperativo (art. 67 cost.) per gli eletti, che tanti danni ha causato alla credibilità delle istituzionali parlamentari e locali, nella consapevolezza che gli italiani non sono fatti per il senso civico e che vanno obbligati per legge - costituzionale! - ad essere onesti con gli elettori;
- chi abolirà la differenza assurda e artificiosa tra "termine ordinatorio" e "termine perentorio" (e addirittura "dilatorio", buona grazia dei giudici amministrativi!),  spesso causa del lassismo delle istituzioni nazionali, locali, della pubblica amministrazione e dei cittadini. Un termine è un termine (poi dice che noi italiani non siamo puntuali... e per forza!);
- chi userà il termine "semplificazione" per quello che in realtà è, e non come un pretesto per complicare ancora di più ciò che si vorrebbe più semplice (perché - un esempio per tutti, ma si potrebbe scrivere all'infinito tanta è la stupidità e l'ignoranza di chi scrive le norme - non si capisce il motivo per cui, ad esempio, lo stesso malato per ottenere diritti diversi - dalla legge 104 all'invalidità civile, dal tesserino invalidi all'assistenza domiciliare - deve essere sottoposto a visite diverse, e magari con la stessa commissione medica!);
- chi provvederà a delegificare abolendo davvero e una volta per tutte le migliaia di norme inutili e sovrapposte, magari obbligando gli uffici legislativi dei ministeri a scrivere in maniera chiara le norme senza rimandi ipertestuali;
- chi concepirà e farà funzionare i tre poteri dello Stato come pienamente indipendenti tra loro e impedirà travasi tra gli stessi a cominciare dal potere giudicante, a cui deve essere impedito - per il bene supremo della democrazia - di interessarsi di politica;
- chi introdurrà sistemi fiscali equi, dove tutti sono chiamati a pagare in proporzione a ciò che hanno guadagnato e magari toglierà qualche diritto non necessario agli evasori sistemici, cronici e seriali che si sanno muovere con grande disinvoltura (grazie a specifiche categorie professionali) tra le infinite possibilità, inventate da fantasiosi legislatori e da giudici geniali, di non pagare o di dilazionare tributi e tasse;
- chi abolirà l'assurdo ISEE e utilizzerà il sistema dei redditi prodotti e dichiarati, contemperato con l'entità dei depositi bancari e dei beni durevoli posseduti soggetti a registrazione, come indice del proprio benessere sociale e modalità di accesso ai servizi a domanda individuale;
- chi non considererà la sanità come un settore produttivo qualsiasi, dove bisogna far guadagno a scapito dell'efficienza dei servizi resi al cittadino e chi accetterà quindi che si può anche avere una sanità pubblica "in perdita" ma rispettosa dei diritti del malato;
- chi saprà far vincere il principio che i diritti collettivi - in tutti gli ambiti, compreso quello della salute - devono prevalere su quelli individuali, perché la forza della democrazia non è l'individuo ma lo stare insieme secondo regole comuni, è la solidarietà, è il sacrificarsi per il "tutto";
- chi saprà abolire le molteplici sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni e enti, che disorientano il cittadino e provocano lungaggini burocratiche assurde e dispendiose;
- chi riformerà la legge elettorale in senso maggioritario secco senza assurdi recuperi proporzionali, abolirà l'uso del ballottaggio, darà certezza della vittoria a chi vince, con maggioranze stabili e durature al Paese e alle istituzioni locali (= una legge elettorale per tutti i livelli dello Stato, ovvero la legge elettorale usata per i Comuni sotto 15.000 abitanti)...

Chiederei molto altro ancora a quelli che si propongono di guidare il Paese per i prossimi 5 anni: da un sistema dell'accoglienza che sia davvero sostenibile (senza gli estremismi folcloristici dei blocchi navali e arcobaleneneschi del "lasciamo che entrino tutti"), ad un sistema di diritti della persona che sia propugnato finalmente "per" chi li chiede e non piuttosto "contro" quelli di altri...
Temo, tuttavia, che nessuno degli schieramenti o delle forze politiche attuali possa guadagnare e meritare il mio voto...

Continuo quindi a navigare nel mare di coloro che vanno a votare perché credono pur sempre al voto come supremo esercizio delle libertà democratiche, ma che si sentono tanto come degli apolidi politici, senza cittadinanza di un partito o di un movimento.

22 luglio 2022

La gentilezza paga sempre


Per quanto un figlio sia in grado di farlo in maniera oggettiva e imparziale, se io - da figlio - dovessi osare - come oso - una cifra per la vita di mia madre, allora questa sarebbe la gentilezza.
La gentilezza di un sorriso: sempre, anche quando la vita sembrava voltarle le spalle.
La gentilezza di un gesto d'amore: tutti quelli che poteva fare, così... come le venivano davanti.
La gentilezza nell'incontro con gli altri: gli altri, tanti, tantissimi, che le bastava così poco per amare.
Tutte le persone che sono venute a farle visita in questi giorni, hanno voluto ricordare - spontaneamente ma concordemente - proprio questi tratti del suo carattere.
E così quando nel mio lavoro le persone che incontro mi ringraziano per la mia gentilezza, per una informazione data, per una soluzione trovata, per un semplice servizio, non posso fare a meno di pensare che questo tratto del mio carattere sia un tratto distintivo di quello di mia madre.
Un grande dono. Un grande dono che mi ha trasmesso e che posso dire che mamma ha distribuito nella stessa misura, e con lo stesso amore, anche alle mie sorelle, Vera e Loriana.
Ma al di là del sorriso, dell'amore distribuito, della gioia dell'incontro con gli altri, una parola più di tutte sa riassumere straordinariamente il tratto della gentilezza: la parola grazie.
Una parola che mia madre sapeva pronunciare sempre e ad ogni occasione possibile, nei confronti di tutti. E così anche noi figli vogliamo pronunciare questa parola nei confronti di nostra madre: un grazie a lei, che ci ha messi al mondo e che ci ha educati, insieme al nostro caro padre, Angelo, secondo questi principi aurei, secondo questo vero e proprio stile di vita gratuito, che non costa nulla, ma che fa sentire a posto con la propria coscienza e che fa addormentare bene, senza rimorsi, la sera quando si va a letto.
Grazie.
Un grazie che io e le mie sorelle, Vera e Loriana, insieme a tutta la nostra bella famiglia, vogliamo dire anche a tutti voi che avete voluto bene a nostra madre Checchina, e che la ricordate in vita come una bella persona, gentile e sorridente, e che avete voluto salutarla oggi, qui, insieme a noi, nella nostra chiesa più amata, dove i bambini di Capranica vengono battezzati e i nostri cari vengono salutati per l'ultima volta.
Grazie.
Grazie a tutti voi.
Grazie per il vostro affetto.
Perché la gentilezza paga sempre.
Perché la gentilezza ripaga una vita intera.
Grazie

 

Coppia che sta silenziosa, un po' rigida e in posa, a ballare, una sera:
La vita è solo una cosa rimasta indietro non c'è più, ma c'era;
Composta e indomenicata, eleganza sfuocata raggiunta a fatica,
L' oggi ha cambiato facciata, ma di quell' ieri passato io so
Che tante ne potreste raccontare e il ricordo stempera e non guasta
Quante cose e facce da narrare che come si dice un romanzo non basta,
Nate con un rapido "a domani", continuate in giorni di "si" e "no",
Lampi sotto cieli suburbani e raffica il tango che vi presentò...

Lui biella, stantuffo, leva, muscoli, grinta, officina, sole
Lei, lei quiete, chitarra, vela, segreti, donna, calore, viole,
Lui bar, alcol, nicotina, capelli indietro, cravatta, bici,
Lei, lei rayon, lei signorina, la permanente coi ricci...

Coppia di fronte a un bianchino, anonimo vino frizzante anidride:
La vita che buffa cosa, ma se lo dici nessuno ride.
Coppia legata dai giorni, partenze e ritorni, fortezza e catena,
Datemi i vostri ricordi, ditemi che ne valeva la pena...
Ora le luci son spente, sta uscendo la gente, saluti e rumore,
Ditemi che avete in mente, come una volta, di fare l' amore,
Quello che è stato un segreto di un prato o di un greto, del buio di un viale,
Quel gioco ardente e discreto, da allora sempre diverso ed uguale...
Chi lo sa se ciò che è da cercare, ciò che non sai mai se vuoi o non vuoi,
Sia così banale da trovare, sia lungo ogni strada, sia a fianco di noi,
Perso in tante scatole di odori, angoli e tendine che non so
Impronte di paesaggi e di colori, manciata di un tango che vi accompagnò...

Lui biella, stantuffo, leva, muscoli, grinta, officina, sole
Lei, lei quiete, chitarra, vela, segreti, donna, calore, viole,
Lui bar, alcol, nicotina, capelli indietro, cravatta, bici,
Lei, lei rayon, lei signorina, lei, lei...

Tango per due, Quello che non... (1991),Francesco Guccini

23 giugno 2022

L'acqua di San Giovanni

 

Ed ecco anche quest'anno, l'Acqua di San Giovanni. 

Una preghiera mentre si raccolgono i fiori. Che siano profumati. Vanno bene anche le piante aromatiche come il rosmarino o la salvia. Non dovrebbe mancare l'iperico, il giallo fiore di San Giovanni, che se si spezza lascia uscire lo stesso sangue del santo. Ma va bene anche senza. L'importante è che inebri di profumo, l’Acqua di San Giovanni, come il profumo del Paradiso, per ricordarci a cosa siamo stati chiamati, all’alba della nostra esistenza. E che sia molto colorata, come dovrebbe essere la vita del cristiano, piena di gioia e di bello. Quindi che stia fuori tutta la notte a raccogliere rugiada e a riposare nella luce della luna e degli astri, simbolo della Creazione e perenne richiamo del Creatore. Perché «...se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?» (Salmo 8).

E poi la mattina una preghiera. Mentre ci si lava le mani e il viso con questa acqua profumata. Perché sia un nuovo, rinnovato, simbolico battesimo nel giorno della festa del Battista. 

Buona festa di San Giovanni Battista!

21 giugno 2022

Nuovo Feudalesimo. Da Renzi a Paragone, da Calenda a Di Maio

Ed eccone un altro. Dopo Bersani, Speranza, Alfano, Renzi, Paragone, Calenda e molti altri ancora, ecco Di Maio. Forse tra un po' toccherà anche a Salvini - visto l'andazzo dentro la Lega - di seguire i suoi colleghi su per questa china: andare via dal proprio partito/movimento per farsene uno a proprio uso e consumo. 
Una volta nei partiti c'erano le correnti. Sono state criticate, è stato detto che era roba vecchia, deleteria alla vita politica. Ma nelle correnti si cercava di far prevalere il proprio punto di vista al congresso, a suon di voti e di delegati. Non era solo spartizione di potere, come è stato fatto passare dalla vulgata della seconda repubblica. Era democrazia, che piaccia o no. Soprattutto, si restava dentro al partito, senza sbattere la porta come bambini arrabbiati che perdono al Monopoli. Le rese dei conti erano una questione interna, e i perdenti avevano la possibilità di mettersi da parte per un po', di fare opposizione dentro al partito, per poi riproporsi in futuro alla guida della loro forza politica. Oggi invece - oggi che ci fa schifo tutto quello che puzza di prima repubblica - invece delle correnti si esce dai partiti (partiti? questi sono partiti? movimenti?) per fare - indovinate un po'? - dei nuovi partiti o dei nuovi movimenti, ma non quelli con la vocazione maggioritaria, che ti aspetti vincano le elezioni e portino stabilità al Paese, bensì quelli personali, minuscoli, feudali, dove si diventa signori e padroni della propria universitas castri, o peggio, del proprio hortus conclusus, difeso da quattro mura contro quelli che la pensano diverso. Per questo si rincorre il proporzionale nella legge elettorale. Per esserci e contare, anche se si pesa e si peserà solo un misero 2%. Poi non ci vengano a dire scandalizzati che la gente si disaffeziona della politica, facendo finta di cadere dal pero. 

16 maggio 2022

Torna puntuale dopo 5 anni l'attesissima settima edizione del Grand Prix di Ippica "Città di Capranica" - 12 giugno 2022

Come 5 anni fa, riceviamo e pubblichiamo da "Il Cavallo" di lunedì 16 maggio 2022, un pezzo di Bruno Fioretti (vedi qui l'articolo del 2017)

Domenica 12 giugno, presso lo storico hippodrome cittadino "Francesco Petrarca", restaurato di recente, si svolgerà l'attesissima settima edizione del Grand Prix di ippica "Città di Capranica"

28 marzo 2022

Un po’ di chiarezza sulla guerra Russia-Ucraina: il diritto internazionale, l’ONU, la NATO, l’art. 11 della Costituzione Italiana


Russia-Ucraina. Credo che sui social (ma anche altrove) si stia perdendo la bussola. Ricorro quindi al sacro Conforti e agli altri testi dell’esame di Diritto Internazionale (pur sempre validi, perché nonostante siano passati – ahimè – ormai molti anni questa branca del diritto non ha subito particolari stravolgimenti) per chiarirmi le idee. Soprattutto per non farmi influenzare nel costruire un’opinione equilibrata e oggettiva.

07 giugno 2021

Chariot of fire

Centro sportivo L'Incontro, sabato 17 gennaio 1986

Ci risiamo. Sono di nuovo al Pronto Soccorso di Belcolle. Di nuovo dolore al petto. Indossando la fastidiosa mascherina anti-COVID (anti?), siedo nella sala d'aspetto insieme ad altri pazienti in attesa di visita. Scorro alcune foto dal drive per ingannare il tempo e mi soffermo su una in particolare. E' un sabato di gennaio del 1986 e siamo ritratti al Campetto prima di una partita di calcio. Nel pomeriggio eravamo stati a casa di Teresa per il suo compleanno (20 anni!). Non eravamo ancora fidanzati... né ci pensavamo. C'è con noi Don Manuel Garcia. Siamo davvero seri in questa foto, pur non essendolo nell'abbigliamento, molto alla come viene viene. Avevamo vent'anni, chi più, chi meno. E così mi viene alla mente quella meravigliosa immagine di giovani atleti che corrono sulla spiaggia tra gli spruzzi delle onde, immortalata magistralmente da Hugh Hudson nel film "Momenti di gloria". Una sequenza di straordinaria essenza poetica che fa pensare a questi ragazzi come a tanti cavalli liberi di esprimere la loro forza e la loro giovinezza, con il vento che li accarezza in faccia mentre guardano dritto, davanti e lontano, verso un futuro luminoso e imperturbabilmente sereno. 

 

Nulla fa pensare che i giorni che verranno non riservino a tutti quei giovani - che nel film si stanno preparando alle Olimpiadi di Parigi del 1924 - ciò che davvero sognano e desiderano di più. Ed in effetti i due coprotagonisti vinceranno l'oro nei 100 e nei 400mt., afferrando così il loro chariot of fire, il loro momento di gloria. D'altronde chi non ha mai sognato momenti di gloria per sé stesso e per i suoi amici più veri? Ogni volta che vedo quelle immagini, in quelle occasioni in cui vengono riproposte dalla TV, accompagnate dalle note di Chariot of fire, ovvero da quel popò di colonna sonora tutta elettronica scritta da Vangelis, non posso fare a meno di non pensare ai miei sedici/diciassette anni, a quel tempo in cui, cioè, con i miei amici immaginavamo chissà quale futuro radioso per noi stessi. Lo facevamo con molta spontaneità e semplicità nelle sere dopo cena, sdraiati alla Quercia a guardare la via Lattea, le stelle, i pianeti e a indovinarne i nomi, o nei caldi pomeriggi d'estate durante le passeggiate a piedi al Sambuco per una panzanellata con tutto il nostro gruppo. Lo facevamo in saletta a Santa Maria o al Cinema Vecchio ascoltando la musica che ci piaceva di più, e lo facevamo anche mentre per divertirci ci piaceva terribilmente indossare un completaccio da calcio di colore arancione che chissà per quali vie era giunto fino a noi. Una maglia che indossavamo sempre con molto orgoglio e che sembrava darci una specie di "patente" di giovani calciatori, anche se nessuno di noi frequentava le scuole calcio del tempo. D’altronde, come si sa, l'abito non fa mai il monaco. La maglia, di un cotone talmente spesso e pesante che non era davvero un piacere indossarla, aveva cucita sul petto la sigla "M10" , ed era diventata la "nostra" maglia, ossia qualcosa che ci identificava e che ci univa, non solo sul polveroso fondo del Campetto, ma anche fuori di esso, nella nostra vita, tutto sommato molto spensierata, di giovani adolescenti. E così, quando riguardo l'immagine immortale dei giovani atleti inglesi che corrono a piedi nudi su quella spiaggia infinita con in sottofondo le sognanti note di Chariot of fire, è come se d'un colpo ritornassi a vivere quei fantastici anni della giovinezza, giocando a sostituire con l'immaginazione gli attori di quel film con coloro che a quel tempo correvano con me verso i momenti di gloria della nostra vita. Durante quella corsa non c'è nulla che possa spaventarci. Perché siamo davvero degli inarrestabili carri di fuoco a cui niente e nessuno può impedire di toccare i traguardi più belli. Scalpitiamo come giovani puledri che mordono il freno, sentiamo distintamente la forza che muove i nostri muscoli, riempiamo profondamente i nostri polmoni di aria pura e di speranza. I nomi di quei ragazzi vestiti di arancione sono Massimo, Giuseppe, Giggino, Luigi, Gianfranco e Fabrizio, Carlo, Peppe… e altri ancora. Ognuno di loro ha un posto insieme a me su quella spiaggia, nella nostra corsa inarrestabile verso la vita. Non ha senso pensare che non sarà così. Perché poi, certo, in realtà il futuro non è stato tenero con tutti… Ma l'incoscienza dell'età non fa immaginare simili eventualità e tende automaticamente a scartare ogni imprevisto ed ostacolo tra noi e la nostra meta. Ed è proprio questo ciò che conta e che è straordinario: la sprezzante e coraggiosa sfida al futuro che la giovinezza porta con sé, incurante della ragione e della prudenza, e che ha davvero un sapore eroico. Poco importa, poi, se l'M10 - così si chiamava quella specie di squadra - era una compagine poco più che scalcinata. Se al massimo ci ritrovavamo a giocare mischiati tra noi, divisi nelle due parti del campo, e se quelle rare volte in cui giocavamo con altre squadre (ricordo le sfide, per noi epiche, con il Villa Paola o con il Comune di Capranica), ne uscivamo quasi sempre sconfitti. Perché per noi l'M10 era una specie di sogno, da cui ci siamo svegliati solo una fredda sera di gennaio del 1986. Quando d'improvviso ci accorgemmo di essere diventati grandi e di esserci ormai proiettati in solitaria, e non più insieme, verso le nostre vite future, alla ricerca dei nostri personali Chariot of fire.