Beh... viste le nuove delle ultime settimane a Capranica, vale proprio la
pena di ripassare la memorabile lettera di Don Lorenzo Milani, scritta con Don
Bruno Borghi, indirizzata all'Arcivescovo di Firenze, Ermenegildo Florit, sulla
condivisione delle decisioni nella Chiesa (leggi: collegialità) e sulla
necessità di darne motivazione (i tratti in grassetto sono i miei).
Il contesto era la rimozione del rettore del Seminario, Mons. Bonanni, che il Vescovo mise in atto senza sentire il bisogno di dare spiegazioni al clero.
Il contesto era la rimozione del rettore del Seminario, Mons. Bonanni, che il Vescovo mise in atto senza sentire il bisogno di dare spiegazioni al clero.
A distanza di cinquant'anni e dopo un Concilio, non è che la situazione sia
mutata molto...
Basta cambiare i nomi e fare le debite proporzioni...
Basta cambiare i nomi e fare le debite proporzioni...
Lettera al clero
fiorentino
A TUTTI I SACERDOTI
DELLA DIOCESI FIORENTINA
e.p.c.
ALL’ARCIVESCOVO MONS. FLORIT
Stampata e diffusa per posta da don Lorenzo e da don Bruno Borghi
all’annuncio improvviso, e dato senza alcuna spiegazione, che il card. Florit
aveva dimesso mons. Bonanni dal suo incarico di rettore del Seminario Maggiore
di Firenze.
1.10.1964
Caro confratello,
abbiamo sentito da più parti un coro di rammarico alla notizia che mons. Bonanni non è più rettore. L’argomento non può non interessarci: il Seminario è un fatto di tutti noi, non un fatto privato del Vescovo. E non solo di noi sacerdoti, è anche un fatto di tutto il popolo cristiano che chiamiamo a contribuire al mantenimento dei seminaristi, che dovrà domani accettarli come padri e maestri, che porterà la conseguenze di un migliore o peggiore sistema educativo in Seminario.
abbiamo sentito da più parti un coro di rammarico alla notizia che mons. Bonanni non è più rettore. L’argomento non può non interessarci: il Seminario è un fatto di tutti noi, non un fatto privato del Vescovo. E non solo di noi sacerdoti, è anche un fatto di tutto il popolo cristiano che chiamiamo a contribuire al mantenimento dei seminaristi, che dovrà domani accettarli come padri e maestri, che porterà la conseguenze di un migliore o peggiore sistema educativo in Seminario.
Probabilmente tutti i sacerdoti fiorentini in questi giorni hanno parlato
del problema del rettore con qualche confratello. Molti avranno sentito il
desiderio di parlarne anche col Vescovo e se poi non ne hanno trovato il modo,
l’occasione o il coraggio, hanno sentito il disagio di aver parlato alle spalle
di un assente e d’aver taciuto con lui. Siamo stati abituati a considerare il silenzio in casi simili come un segno di rispettosa sottomissione all’autorità. Ma sotto sotto sappiamo che è più comodo tacere che parlare e forse il
silenzio non è che un sistema per scaricare sul Vescovo il barile della nostra
responsabilità.
L’episodio Bonanni non è che uno fra tanti. Forse quello che ha colpito un
maggior numero di sacerdoti. Un altro, sicuramente più grave, è quello del padre
Balducci: l’Arcivescovo ha posto i cattolici fiorentini nella condizione di
doversi regolare con la sola coscienza in materia di teologia come se fossero
protestanti. Non ha risposto alle loro precise domande scritte, mentre i due
giornali fiorentini sostenevano due oppostissime opinioni teologiche e due
giudici laici si permettevano di sentenziare in materia di dottrina cattolica e
perfino di mettere in dubbio la buona fede di un sacerdote e di un maestro di
ineccepibile dottrina e rettitudine quale padre Balducci. Che si sappia noi
due, in quell’occasione, scrissero all’Arcivescovo i parroci d’un solo
vicariato.
Un terzo episodio, quello che all’annuncio ci aveva dato la speranza di un
primo tentativo di dialogo tra l’Arcivescovo e noi, cioè la riunione
preconciliare, si risolse in un monologo e non ci fu data la possibilità di
parlare. Purtroppo anche quella volta non abbiamo reagito.
Ma questi non sono che tre episodi di un problema molto più generale: il problema del dialogo. Il Papa ha chiamato i Vescovi a dialogo, perché il Vescovo chiamasse a
dialogo i parroci, il parroco i parrocchiani lontani e vicini. Se manca un solo
anello di questa catena il messaggio di Giovanni XXIII e il Concilio non
raggiungono il loro scopo. A Firenze un anello
manca certamente: il dialogo tra il Vescovo e i parroci e questo proprio nel
momento in cui maturava l’esigenza del dialogo coi lontani: comunisti, ebrei,
protestanti. Abbiamo da parlare con tutti e non parliamo al Vescovo e il
Vescovo non parla a noi! Il 90% dei Vescovi e due Papi hanno scelto la via
dell’apertura e del dialogo. È l’ora di svegliarsi e d’accorgersi che la Chiesa
fiorentina col suo muro tra Vescovi e preti è ormai al margine della Chiesa
cattolica.
Ma è anche al margine del mondo d’oggi. Quel mondo d’oggi cui Giovanni
XXIII guardava con tanta affettuosa stima in cerca delle verità che Dio vi ha
certamente nascoste, perché anche noi le trovassimo e le facessimo nostre. Quel
mondo ci guarda con giusto disprezzo e si allontana sempre più da noi e dalle
tante verità che a nostra volta potremmo offrirgli.
Per esempio un episodio come quello Bonanni in cui un
rettore dopo
sei anni di servizio viene
sostituito per motivi che non sono stati comunicati, urta la sensibilità del
mondo d’oggi di cui facciamo parte e che è ormai abituato a non accettare
provvedimenti non motivati. Perché un importante provvedimento che non sia
stato pubblicamente motivato è infamante per chi ne è l’oggetto. Offende poi la
dignità di quanti sono direttamente o indirettamente interessati al problema.
Li tratta come animali inferiori cui non si deve spiegazione e da cui non
s’accetta consiglio. Dare, togliere,
accettare e tenere le cariche come se le cariche fossero solo onori alla
persona, problemi di carriera e non luoghi di servizio per i quali non si può pensare di servire senza una specifica
competenza! I laici
d’oggi restano a bocca aperta di fronte a questo settecentesco modo di
concepire l’autorità. La possibilità di
ricorrere contro le decisioni dell’amministrazione è stata introdotta in Italia
da quasi un secolo, la motivazione obbligatoria delle sentenze, il diritto di
difesa ecc. appartengono ormai al patrimonio di tutta l’umanità civile. Possiamo rinunciarci noi sacerdoti per una esigenza di ascetica personale,
ma i laici
d’oggi, cristiani e non cristiani, non possono capire perché solo noi non
vogliamo tendere l’orecchio ai «segni dei tempi», adeguarci a esigenze così
universalmente accettate.
Veniamo al pratico: Non scriviamo con
l’intento di far recedere l’Arcivescovo dalla sua decisione sul Seminario. Quel
che ci proponiamo è solo di creare una qualsiasi forma di dialogo tra noi e
lui, un’usanza di parlargli, un nuovo stile di rapporto. Non è con i telegrammi d’auguri, il regalo di una croce pettorale e le
genuflessioni che si mostra l’amore al Vescovo, ma piuttosto con la sincerità
rispettosa, il rifiuto del pettegolezzo di sagrestia.
Perciò, prendendo spunto dal caso Bonanni, abbiamo pensato di proporre a
tutti i sacerdoti fiorentini l’inizio in concreto del dialogo: chiediamo all’Arcivescovo che risparmi ai nostri
popoli lo scandalo di un
assolutismo abbandonato ormai anche dal Papa e perfino dai comunisti.
Chiediamogli di parlare anche con noi dei motivi della sostituzione del
rettore. La nostra qualità di figli maggiorenni e di corresponsabili ce ne
darebbe quasi un diritto.
Ma non lo avanziamo. Lo chiediamo per piacere.
Può darsi benissimo che la tecnica del dialogo che abbiamo scelta sia
sbagliata. Ce ne suggerisca lei una migliore per la prossima volta. Ma non
rinunciamo per un puntiglio formale all’idea di creare un nuovo rapporto
finalmente filiale tra noi e il Vescovo. Se si pretende che l’iniziativa
risponda perfettamente ai gusti d’ognuno succederà che non se ne farà di nulla.
Abbiamo preparato l’accluso cartoncino. Come vede il testo che le
proponiamo è volutamente contenuto nella forma più attenuata e rispettosa
proprio per venir incontro al maggior numero di sacerdoti. Se le va bene, la
preghiamo di firmarlo e di inviarlo all’indirizzo di don Borghi. Se preferisce
un altro testo, un po’ diverso oppure anche di opposto contenuto, lo invii
egualmente, e don Borghi sarà ben lieto di consegnarlo personalmente
all’Arcivescovo insieme agli altri.
Fraterni saluti
Bruno Borghi sac.
Lorenzo Milani sac.
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