SOMMARIO
1. Il
quadro storico
2. La costituzione del Battaglione Volontari Sardi
3. La strage dei giovani avieri Sardi rifugiati a Capranica
4. Le motivazioni della strage
5. Rinaldo Zuddas
6. Documenti
7. Note
8. Bibliografia
2. La costituzione del Battaglione Volontari Sardi
3. La strage dei giovani avieri Sardi rifugiati a Capranica
4. Le motivazioni della strage
5. Rinaldo Zuddas
6. Documenti
7. Note
8. Bibliografia
1. Il quadro storico
La tragica vicenda dei militari sardi catturati a Capranica dalle SS
tedesche il 17 novembre 1943 e barbaramente fucilati presso Bassano Romano nel
pomeriggio dello stesso giorno, si inquadra nel caos politico-istituzionale
seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943. La dissoluzione dell'esercito
italiano, che si era consumata nel breve volgere di tre giorni (9-11
settembre), aveva provocato il più assoluto caos nelle comunicazioni nella vana
attesa dell'arrivo degli Alleati o di precise disposizioni del Governo, il
quale rimase invece colpevolmente silenzioso. In seguito a una tale situazione
di totale assenza di ordini superiori, la disciplina e la compattezza dei
reparti venne meno, sfaldandosi rapidamente con la conseguenza che molti militari
si tolsero la divisa e indossarono abiti borghesi [1].
Centinaia di militari sardi, provenienti soprattutto dalla
disgregazione delle divisione Sassari e Granatieri di Sardegna, si diressero
così verso Civitavecchia, nella speranza di imbarcarsi per la Sardegna. Ma
l’impossibilità di trovare un posto nelle navi in partenza per l’isola,
strettamente controllate dai tedeschi, nonché la pericolosità del viaggio,
soggetto alle incursioni dell’aviazione alleata, indussero molti militari a
trovare ospitalità tra la popolazione dei paesi della Tuscia.
2. La costituzione del Battaglione Volontari Sardi
Contemporaneamente, per iniziativa di Padre Luciano Usai, un
missionario saveriano sardo, cappellano militare in Africa al seguito dei
reparti italiani che combatterono a El-Alamein, vennero diramati per mezzo
della radio e della stampa annunci per la ricostituzione di un reparto di
militari sardi. Per questo scopo, il comando militare tedesco in Italia avrebbe
fornito al religioso tutta l’assistenza possibile, nonché otto autocarri,
generi alimentari di ogni tipo e un lasciapassare per recarsi al centro
militare di Capranica, destinato come punto di raccolta per tutti i Sardi
sbandati [2].
Qui ben presto si sarebbero concentrati – secondo fonti vicine alla R.S.I. –
ben 20.000 militari sardi, cifra assolutamente non verificabile ma certamente
non veritiera. Testimoni oculari capranichesi, riferiscono infatti di aver
visto numerosi militari sardi nelle campagne di Capranica, soprattutto in
località Marcone e Corgnano, e anche se nessuno di loro è stato in grado di
distinguere tra militari alla macchia e militari in attesa di essere arruolati
nel costituendo battaglione, le cifre riferite si aggirano appena intorno alla
cinquantina [3].
Tuttavia, una relazione del Sindaco non datata e conservata presso l’Archivio
del Comune di Capranica, parla di circa 200 militari concentrati nel territorio
comunale, “forse perché, - come si legge in questo documento - trovandosi
Capranica sulla linea ferroviaria Orte-Civitavecchia, sperarono di poter, al
momento opportuno, far ritorno alla loro isola” [documento
completo]. Nel Centro di raccolta di Capranica, ai Sardi sbandati sarebbe
stato proposto di andare a lavorare in Germania o nelle fabbriche del
Nord, oppure di arruolarsi nelle costituende forze armate della R.S.I.. In 400
(altre fonti parlano di 1.200, ma forse si tratta di un numero lontano dalla
realtà), avrebbero optato per questa scelta, costituendo l'organico del Battaglione
"Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy", del quale Padre Usai
divenne cappellano militare. I sardi vennero così arruolati, vestiti,
addestrati e armati con fucili "91", mitra "Beretta" e
mitragliatrici "Breda" e condotti a Roma, in una caserma in via della
Lungara, da dove – secondo le promesse del religioso saveriano – sarebbero
stati successivamente trasferiti con compiti di ordine pubblico. Qui, invece,
fu per loro evidente che il battaglione ricostituito da Padre Usai sotto il
comando del colonnello Bartolomeo Fronteddu, avrebbe militato nella Repubblica
Sociale Italiana come unità combattente a fianco dei tedeschi. La notizia che
lo stesso Battaglione sarebbe stato destinato al fronte di Cassino, dove in
quei mesi si concentrava la resistenza tedesca contro l’avanzata degli
anglo-americani, provocò quindi la diserzione di numerosi militari che
tornarono subito a Capranica - dove già da prima della guerra risiedevano
alcune famiglie sarde - per trovare ospitalità nelle case in cambio del proprio
lavoro nelle campagne.
3. La strage dei giovani avieri Sardi rifugiati a Capranica
La conseguente dura reazione del comando territoriale tedesco non si
fece attendere. Nella mattinata del 17 novembre 1943, due automezzi delle SS di
stanza a Bracciano entrarono in Capranica portando con loro, in manette, il
giovane capranichese Salvatore
Alessi, arrestato nel tardo pomeriggio del 14 novembre insieme a Virgilio
Andreotti e Antemio
Baldi. Nel rastrellamento del paese che ebbe luogo durante tutta la
mattinata, casa per casa, vennero catturati 18 militari sardi che furono
dapprima rinchiusi nella locale sede del Fascio Littorio, in Piazza San
Francesco, e successivamente caricati sui camion con finta destinazione
Bracciano. Sulla strada che collega Sutri a Bassano Romano, nei pressi di una
valletta, furono improvvisamente fatti scendere e fucilati in compagnia dell’Alessi.
All’eccidio scampò miracolosamente l’aviere Rinaldo Zuddas che dopo essere
stato ferito a un braccio e a una coscia, cadde nel torrente sottostante, e si
salvò fingendosi morto nell’acqua al momento del colpo di grazia. Zuddas trovò
soccorso presso una famiglia di Sutri che lo trasportò all’ospedale di
Ronciglione per essere curato, non senza il pericolo di essere nuovamente
arrestato e passato per le armi dai tedeschi.
In seguito alla strage e alla fucilazione di Virgilio
Andreotti e Antemio
Baldi, avvenuta dopo barbare torture il giorno 21 nei pressi di Bracciano
(riferisce Rino Alessi, fratello di Salvatore, che ai due giovani erano state
strappate le unghie e all’Andreotti erano state tagliate le orecchie), il
podestà di Capranica, Giuseppe Cherubini, che tanto si era adoperato per evitare
la strage, si dimise irrevocabilmente dall’incarico. Vane furono anche le
richieste di clemenza fatte alle SS dall’arciprete di Capranica, Don Luigi
Micheli, al quale se in un primo tempo venne fintamente assicurato che i sardi
sarebbero stati condotti in prigione a Bracciano per essere interrogati, venne
successivamente intimato di desistere dalle sue richieste se non voleva essere
egli stesso arrestato. Dal rastrellamento del 17 novembre, si salvarono almeno
tre militari sardi: i fratelli Gesuino e Angelo Pulino e Augusto Petretto, i
quali si stabilirono poi definitivamente a Capranica, maritandosi con ragazze
del paese.
4. Le motivazioni della strage
Secondo la testimonianza di Rino Alessi, la rappresaglia tedesca e la
fucilazione dei sardi fu ispirata da Padre Usai, il quale nei giorni precedenti
il rastrellamento era stato visto più volte a Capranica, anche in compagnia del
colonnello Fronteddu (i testimoni oculari riferiscono genericamente di un
“comandante dei sardi”), con l’intento di convincere i disertori a tornare nei
ranghi del battaglione. Padre Usai avrebbe tenuto numerosi comizi pubblici per
riuscire nel suo scopo, ma in uno di questi sarebbe stato insultato e aggredito
verbalmente dai suoi conterranei, e in particolare da uno di loro, che si mise
a capo degli stessi. Anche se l’episodio dei tre giovani capranichesi, Alessi,
Andreotti
e Baldi,
sarebbe a se stante rispetto a quello dei Sardi, probabilmente i due torturati
nel castello di Bracciano, Andreotti
e Baldi,
o lo stesso Alessi,
furono fatti incorrere in qualche contraddizione che aiutò i tedeschi nel
decidere il rastrellamento di Capranica e la successiva rappresaglia, forse
temendo attività sovversive dei militari sardi. A guerra finita, di Padre
Luciano Usai sarebbe stato implacabile accusatore il militare sardo scampato
all’eccidio, Rinaldo Zuddas, la cui testimonianza condusse il tribunale
militare a decretare la pena di morte per il religioso saveriano, commutata in
seguito a trent’anni di reclusione. Amnistiato, si trasferì in Amazzonia in
missione, dove morì nel 1981.
La vera motivazione della sommaria fucilazione dei sardi fu
probabilmente la diserzione degli stessi dall’esercito della Repubblica Sociale
Italiana. Questa, formatasi il 23 settembre 1943, si dotò ben presto di organi
politici e di proprie forze armate, alle quali aderiranno, tra il 1943 e il
1945, circa 5/600.000 militari. Come Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,
assunta da Mussolini dopo la sua liberazione dalla prigione del Gran Sasso,
venne nominato il Generale sardo Francesco
Maria Barracu, il quale sostenne apertamente l’iniziativa di Padre Usai e
del Colonnello Fronteddu, recandosi egli stesso a Capranica per organizzare il
Centro di raccolta dei sardi. L’errore commesso dai sardi rifugiatisi a
Capranica, fu allora quello di aderire al Battaglione Volontari Sardi e quindi all’Esercito
della R.S.I.. Per questo motivo, secondo il codice militare di guerra, furono
passati per le armi in maniera sommaria e senza un giusto processo. Se così non
fosse, come si spiega il diverso trattamento riservato dalle stesse SS ai
militari sardi rifugiatisi nelle campagne di Blera? Essi vennero catturati nel
rastrellamento del 29 ottobre che costò la vita a ben 14 cittadini blerani, ma
vennero tutti (tranne uno, che invece fu passato per le armi durante quella che
ufficialmente venne definita “operazione di guerra”) inviati in Germania nei
campi di concentramento, come avvenne ai militari italiani sbandati catturati
dalle SS che non aderirono alla RSI. Forse ingannati dalle promesse del
religioso saveriano, che gli prospettava un facile ritorno nell’isola natia, i
sardi di Capranica finirono dunque, nella speranza di scampare alla guerra, per
compiere il fatale errore di aderire alla RSI. Errore che gli costò la vita.
5. Rinaldo Zuddas
Rinaldo Zuddas, altrimenti indicato in qualche documento col nome di Francesco
o Ferdinando, arrivò a Capranica, insieme ad altri 15 conterranei, subito dopo
l’8 settembre. Proveniva da una località del Mugello, non distanze da Firenze,
dove frequentava con altri avieri sardi un corso di addestramento contro l'offensiva
dei paracadutisti alleati. Vista l’impossibilità di imbarcarsi per la Sardegna
da Civitavecchia, si rifugiò con altri militari nelle campagne di Capranica.
Qui, insieme agli altri suoi ex commilitoni, venne ben presto contattato da
Padre Luciano Usai, che gli proponeva il trasferimento a Roma, nella caserma
“Lungara”. Resosi conto che lo scopo del religioso era quello di costituire
un’unità combattente a fianco dei tedeschi, insieme con altri commilitoni fuggì
da Roma per tornare nuovamente a Capranica, dove si rifugiò. Secondo la
testimonianza di Rinaldo Zuddas, l’ispiratore della rappresaglia fu lo stesso
Usai, che guidò le SS tedesche verso Capranica, dove il 17 novembre 1943 furono
rastrellati 18 militari. Giunti alla radura presso Caporipa, sulla provinciale
che da Sutri conduce a Bassano Romano, i militari vennero fatti scendere e
disposti in fila indiana per essere fucilati. Uno di questi, Emilio Canu, tentò
la fuga ma venne subito freddato da una raffica di mitra. Approfittando di
questo momento, anche Rinaldo Zuddas tentò di scappare verso il vicino
torrente, ma non appena saltato il corpo senza vita di Canu, venne raggiunto da
una pallottola che gli spezzò un braccio, mentre un’altra gli perforò la coscia
e un’altra ancora gli fece saltare dalla testa il cappello a bustina
d’ordinanza. Vistosi perduto, Zuddas si lasciò cadere nel torrente che
attraversa la valle, particolarmente gonfio d’acqua grazie alle abbondanti
piogge di quei giorni, e si finse morto. Appena partiti gli autocarri tedeschi,
Zuddas riuscì faticosamente a salire sulle sponde del torrente, dove giacevano
ormai senza vita i corpi dei suoi 17 compagni e di Salvatore Alessi, e a
dirigersi verso la vicina Sutri. Qui venne aiutato a raggiungere l’ospedale
Sant’Anna di Ronciglione, nel quale venne curato e rimesso in forze. Tornato in
Sardegna alla fine della guerra, al processo militare contro Padre Usai fu
decisiva la sua testimonianza, grazie alla quale fu riconosciuta la
colpevolezza del religioso. Dipendente dell’Aeronautica Militare, fu custode a
Fenosu per cinquant’anni. Abitante a Silì, una piccola frazione di Oristano, si
spense improvvisamente il 14 marzo 2001.
(Si ringrazia la Sig.ra Laura Cadoni, nipote di Rinaldo Zuddas, per
aver gentilmente concesso le foto a www.encyclocapranica.it
La prima foto ritrae Rinaldo Zuddas al centro tra due commilitoni durante l'addestramento; la seconda lo ritrae con la moglie, dopo la guerra, sul luogo dell'eccidio)
La prima foto ritrae Rinaldo Zuddas al centro tra due commilitoni durante l'addestramento; la seconda lo ritrae con la moglie, dopo la guerra, sul luogo dell'eccidio)
6. Documenti
La fucilazione dei sardi
[Archivio Comunale di Capranica, minuta dattiloscritta priva di data]
A seguito dello sbandamento dell’esercito circa 200 giovani sardi si
concentrarono nel territorio di questo Comune, forse perché, trovandosi
Capranica sulla linea ferroviaria Orte-Civitavecchia, sperarono di poter, al
momento opportuno, far ritorno alla loro isola. Dopo alcuni giorni una parte di
loro aderì al Battaglione Volontari Sardi, mentre i restanti a seguito di
minacce di un capitano sardo cambiarono residenza. Contemporaneamente un certo
Manetti Mario dopo aver ingannato Andreotti Virgilio, Alessi Salvatore, Baldi
Antonio [Antemio], cominciò a indagare sui sardi e scoprì un focolaio armato
antitedesco. I tre giovani furono consegnati alle SS di Bracciano e il 17-11
del 1943 le SS circondarono Capranica e dopo aver catturato mediante
rastrellamento 18 giovani sardi li mitragliavano al bivio sulla via Cassia.
Solo Fernanrdo Zuddas riuscì, benché gravemente ferito a salvarsi.
Il Sindaco
Elenco dei fucilati presso Sutri il 17 novembre 1943
[Archivio Comunale di Capranica, minuta dattiloscritta priva di
data. Reca l’annotazione “Renitenti alla leva”. Vi è compreso Fernando Zuddas,
che riuscì a salvarsi, e il capranichese Salvatore Alessi]
- Pilu
- Menino
- Mesitieri
- Cossica
- Muzas
- Contini
- Barcellona
- Mereu
- Pilas
- Meloni
- De Roma
- Pinna
- Cano
- Meloni
- Manca S.
- Riu
- Manca F.
- Alessi
- Zuddas
Una strage a Capranica. Relazione della tenenza dei carabinieri.
[Archivio di Stato di Viterbo]
Regia Questura di Vìterbo Div. Gabinetto
Viterbo, 16-4-1946 n. 01136 U.P.
Alla Procura del Regno e p.c. Alla Regia Prefettura
Viterbo, 16-4-1946 n. 01136 U.P.
Alla Procura del Regno e p.c. Alla Regia Prefettura
Per debito d'Ufficio, trasmetto a codesta Procura del Regno l'unita
denuncia a firma di Andreotti Rosa fu Antonio e fu Porta Caterina nata a
Capranica di Sutri il 19-3-1915, ivi residente, a carico di XXX, maresciallo di
P.S. e del padre di questi YYY, i quali, durante il periodo della dominazione
tedesca, avrebbero denunziato e fatto uccidere dalle SS Tedesche due giovani di
Capranica.
I XXX YYY sarebbero inoltre implicati nell'uccisione di 18 militari
sardi da parte di militari germanici.
Al riguardo il Comando della Tenenza CC.RR. di Ronciglione, investita
per le indagini, con nota n. 10/7 del 10/3/c.a., riferisce quanto segue:
«Nel restituire l'unito esposto prodotto dalla nominata Andreotti Rosa
fu Antonio e fu Porta Caterina, nata a Capranica di Sutri il 19-3-1915, ivi
residente, domestica, nubile, contro XXX, maresciallo di P.S. e il padre di
questi YYY, ivi residente, possidente, coniugato, per collaborazionismo con i
nazi-fascisti, si riferisce che dalle indagini praticate in merito, è risultato
quanto segue:
La mattina del 14 novembre 1943 il giovane Andreotti Virgilio fu Antonio
e fu Porta Caterina, nato a Capranica di Sutri il 26-3-1922, ivi domiciliato,
bracciante, celibe, fratello dell'esponente, con mezzi di fortuna si recò nel
comune di Monteromano per l'acquisto di un certo quantitativo di grano,
occorrente alla sua famiglia. Verso le ore 14 dello stesso giorno, di ritorno
da Monteromano con circa 30 chilogrammi di grano, si trovava sulla strada di
Bracciano in attesa di qualche mezzo di fortuna, che potesse condurlo almeno
nelle vicinanze di Capranica, per far ritorno in famiglia. Proprio in quel
momento transitava su quella strada diretta a Viterbo, una camionetta tedesca
alla quale fece cenno di fermarsi. L'automezzo aderì e l'Andreotti chiese di
salire a bordo e di essere accompagnato fino al bivio di Capranica di Sutri.
Venne fatto salire sull'automezzo che si rimise subito in moto alla volta di
Viterbo.
Nella camionetta vi erano alcuni militari tedeschi delle SS tra i quali
anche un italiano identificato poi per certo Mario Manetti, milanese interprete
al servizio tedesco, il quale intavolò subito conversazione con l’Andreotti. Il
Manetti fingendosi contrario ai tedeschi chiese al giovanotto se a Capranica
vi fossero delle bande armate o perlomeno dei giovani armati che desideravano
combattere contro i tedeschi. L'Andreotti, inesperto ed in buona fede, credette
alle dichiarazioni dell'interprete e disse che uno era lui e che si poteva
contare anche su due suoi compagni, certi Alessi Salvatore di Pietro e di
Liberati Margherita, nato a Capranica il 20-6-1922, ivi residente, bracciante
celibe, e Baldi Antonio di Eumenio e di lezzi Maddalena, nato a Capranica il
29-9-1921, ivi residente, bracciante, celibe, dichiarando inoltre che tutti e
tre, erano in possesso di numerose armi recuperare durante lo sbandamento
dell'esercito italiano.
In seguito a tali notizie l'interprete Manetti, rassicurò 1'Andreotti
che avrebbe collaborato con loro a danno dei tedeschi e che ne avrebbe subito
parlato ai suoi compagni nella camionetta. Dopo un breve dialogo in lingua
tedesca - avvenuto fra l'interprete e le altre SS nella camionetta - fecero
capire al giovanotto che tutto andava bene. Giunto l'automezzo al bivio di
Capranica, anziché proseguire per Viterbo si diresse verso l'abitato di Capranica,
ove giunse verso le ore 16 dello stesso giorno 14 novembre.
L'interprete Manetti, fece ricercare dall'Andreotti i due suoi compagni
Baldi Antonio e Alessi Salvatore e tutti e quattro insieme si recarono a prendere
le armi che tenevano nascoste tra le quali vi erano anche due mitragliatrici
pesanti. Recuperate le armi vennero caricate sulla camionetta unitamente ai
tre giovanotti che potevano già considerarsi arrestati.
Quando tutto era al posto, la camionetta rimessasi in moto, si diresse
a tutta velocità verso Bracciano al comando tedesco di quel comune.
I tre giovanotti vennero subito imprigionati e sottoposti a torture
allo scopo di farli parlare. Poiché il comando tedesco aveva la percezione che
in Capranica, vi fossero delle bande armate. I suddetti giovanotti, capirono in
quale tranello erano caduti e mentre due di essi nonostante le torture subite
rimasero sempre muti, il terzo e precisamente 1'Alessi Salvatore, nella speranza
di potersi salvare, disse che a Capranica vi erano dei militari sardi sbandati
che possedevano armi e che aspettavano il momento opportuno per marciare
contro i tedeschi e che lui stesso li avrebbe accompagnati a Capranica.
In seguito a tali notizie, il comando della SS tedesca di Bracciano,
allestì subito due autocarri con circa 50 SS che la mattina del 17 novembre
successivo si portarono a Capranica, conducendo dietro il giovane Alessi che
avrebbe dovuto fornire notizie circa la banda dei sardi esistente a Capranica,
ma giunti in questo comune, l'Alessi si rifiutò di dare notizie e venne
rinchiuso nella sede del fascio repubblicano e piantonato, mentre i militari
della SS bloccati tutti gli accessi del paese eseguirono un rastrellamento di
militari sardi nell'interno dell'abitato catturandone 18 che rinchiusero
momentaneamente nella sede del fascio, unitamente all'Alessi Salvatore. Il
rastrellamento venne ultimato verso mezzogiorno del 17 novembre e verso le ore
15 dello stesso giorno, vennero caricati sugli autocarri e condotti in località
Bivio di Bassano di Sutri, in un prato adiacente ad un bosco ed ivi mitragliati
e lasciati massacrati sul terreno compreso il giovane Alessi Salvatore. Dei 18
sardi, solo uno cercò di salvarsi portandosi a stento sulla strada, dove venne
raccolto e trasportato all'ospedale civile di Ronciglione per le cure del caso.
Mentre gli altri due giovani Capranichesi, Andreotti Virgilio e Baldi
Antonio, vennero fucilati il giorno 21 novembre successivo nel comune di
Bracciano, in località Vigna Grande.
Poiché il giorno del rastrellamento e mitragliamento dei militari
sardi, trovavasi in Capranica il predetto XXX - maresciallo di P.S. - in
servizio repubblicano, presso il Ministero dell'Interno al seguito del
presidente Barracu e che a Capranica era ben visto dai tedeschi e che in quel
giorno era stato visto circolare durante il rastrellamento mentre nessuna altra
persona poteva circolare, verso le ore 13 del giorno 17 predetto, è stato visto
l'interprete Manetti, uscire dallo stabile dove abitava YYY, padre del predetto
XXX, sia la esponente, che i congiunti degli altri fucilati, addebitano a
costoro la collaborazione col tedesco nel rastrellamento e nella fucilazione
dei suddetti giovani e che per lo meno dovevano essere a conoscenza preventiva
del triste avvenimento.
Ma sia dell'uno che dell'altro addebito, non esistono elementi fondati
a loro carico e da tutti è ritenuto frutto di fantasia della esponente e degli
altri familiari dei fucilati nella speranza di addossare a qualcuno la
responsabilità dei tristi fatti. Mentre è parere concorde della quasi totalità
della popolazione che l'accaduto è stato causato dalle indiscrezioni e dalla
leggerezza dell'Andreotti Virgilio nel rivelare il possesso delle armi e
dell'Alessi Salvatore, nel riferire la presenza in Capranica di militari sardi
sbandati; e per le ragioni su esposte, come pure per lo svolgimento dei fatti,
si ritiene che nessuna responsabilità esiste a carico dei suddetti XXX e YYY; e
mentre il primo seguì i tedeschi al nord ed ignorasi la fine toccatagli, il
secondo risiede in quel comune elemento innocuo e lontano da ogni politica».
7. Note
[1] Documento emblematico della situazione che con
dignità e autenticità supplisce all'incresciosa mancanza di un vero film
storico sull'8 settembre, è il film Tutti a casa, (1960), di L.
Comencini, soggetto di Age e Scarpelli, con A. Sordi e S. Reggiani (cfr. F. Di
Giammatteo, Dizionario del cinema italiano, Roma 1995).
[2] Questo è quanto viene riferito da Sanna M., Luciano
Usai. Cappellano dei Guastatori, San Gavino Monreale 1993
[3] Testimonianza registrata di Rino Alessi, raccolta
nella primavera del 2004 da Fabio Ceccarini e Pietro Innamorati. Stralci in
digitale della stessa saranno pubblicate su www.encyclocapranica.it.
8. Bibliografia
Morera
G., Capranica. Un secolo di cronache (1860-1960), Viterbo 1982, pp.
192-195; Centro Maria Loreta, Capranica e la seconda guerra mondiale. Una
ricerca collettiva sugli avvenimenti che coinvolsero il paese e i suoi abitanti
tra il 1940 e il 1945, a cura di A. Sarnacchioli, Capranica-San Gimignano
1993, Doc. 2: “La fucilazione dei sardi”; Doc. 3: "Elenco dei fucilati
presso Sutri il 17 novembre 1943"; Sanna M., Luciano Usai. Cappellano
dei Guastatori, San Gavino Monreale 1993; Sanna M., Padre Usai. Un
Crocifisso nelle sabbie del deserto, San Gavino Monreale 2008; Di Porto B.,
La Resistenza nel Viterbese, in Quaderni della Resistenza Laziale,
pubblicazioni finanziate dalla Giunta Regionale del Lazio nel Trentennale della
Liberazione, Roma 1977; Gugliotta G., Arrestati a Capranica. Trucidati a
Sutri. [S.l. : s.n.], stampa 2005 (Quartu S. Elena : Press Color);
Testimonianze registrate raccolte dall’Autore, di Rino Alessi, Agostino
Cangioli, Vincenzo Barella, Girolamo Baldi, Matteo Zanganella; Racconto di
Laura Cadoni, nipote di Rinaldo Zuddas.