Pioggerellina primaverile
Ore 8,50. Dal terminal “rodoviario” di Fatima parte il nostro pullman per Porto. La compagnia è la Renex. Il tutto per € 18,00 a persona. Stavolta sappiamo dove dobbiamo sederci: lugar 3 e 4. La “viatura” invece è la 53, ma è una nota superflua. Il biglietto lo abbiamo fatto ieri pomeriggio usciti dal ristorantino dove abbiamo pranzato, a due-trecento metri dal terminal, in avenida dom Josè Alves Correia da Silva. Stamattina ci siamo alzati alle 7,00 e siamo scesi a colazione alle 8,00. I panini per pranzo li abbiamo preparati con il cibo della colazione. Nel tragitto verso il terminal siamo passati di nuovo in Santuario, per salutare la Madonna nella Cappellina delle Apparizioni e per un ultima preghiera di affidamento nelle sue braccia di Mamma. C’era la messa in italiano, a beneficio dei gruppi di pellegrini nostri connazionali. Ormai erano giunti al prefazio e noi non avevamo tempo per fermarci. Probabilmente la messa è cominciata alle 8,00. Lo avessimo saputo ci saremmo andati. Anche perché oggi è il 4 luglio: beato Pier Giorgio Frassati. Il “nostro” caro Pier Giorgio. Ci affrettiamo verso il terminal perché una pioggerellina primaverile comincia a scendere proprio quando arriviamo in Avenida da Silva. A due-trecento metri dal terminal la manda giù per bene, ma corriamo il più possibile sotto il peso dei nostri zaini per metterci al riparo all’interno. Alle 8,40 il pullman arriva e possiamo salire, dopo aver sistemato gli zaini nel bagagliaio. I nostri posti sono proprio davanti al vetro del parabrezza, nella fila di destra.
Il viaggio verso Porto
Teresa si assopisce un po’. Io invece resto sveglio a guardare il paesaggio che cambia durante il viaggio. L’autista continua a salutare con la mano sinistra ogni suo collega che incrocia nella corsia opposta dell’autostrada. E’ un saluto appena accennato alzando la mano senza staccare il palmo dal volante. Sono tantissimi i pullman incrociati, e ogni volta lui saluta, indipendentemente se i mezzi siano della Renex, della Rede Expressos o di altre compagnie rodoviarie. Deve essere una consuetudine perché penso che sia impossibile che si conoscano tutti. E comunque è bello anche questo. Il tempo invece non è bello e il sole non esce mai da dietro le nuvole. Il paesaggio all’inizio è simile a quello visto nel viaggio da Lisbona a Fatima, poi comincia a cambiare. I campi mi sembrano più organizzati e ordinati e cominciano a vedersi molti vigneti. Il Norte è la regione portoghese vocata alla vinicoltura e alla produzione del famoso vino di Porto. Da Fatima a Porto sono circa 190 km tutti percorsi sull’autostrada A1, l’arteria principale del paese, che lo attraversa longitudialmente dal sud al nord, per fermarsi a Ponte de Lima prima di trasformarsi in A3 e dirigersi verso la Galizia e la Spagna. Il pullman è puntualissimo. Sono le 10,50 quando ci fermiamo al terminal rodoviario di Porto, a pochi passi dalla stazione della metro di Campo 24 Agosto. Usciti dal terminal ci attendono nuovamente i nostri amici gabbiani, che volano nel cielo lanciando stridii altissimi.
Alla ricerca di Rua de Cedofeita
Rispetto alla destinazione iniziale, in piazza Carlos Alberto, una mail di Booking mi dice che la nostra casa si trova da un’altra parte, in rua de Cedofeita, 6. Un passo indietro. A gennaio, avevamo prenotato una stanza presso una struttura denominata Oporto City Flats. Il 24 aprile, mentre eravamo in aeroporto per imbarcarci per Malta, il servizio clienti di Booking ci contatta per dirci che la struttura non è disponibile, ma che la proprietà ci offre una sistemazione in un appartamento in piazza Carlos Alberto, denominato Carlos Alberto Apartments. Accettiamo la nuova sistemazione dopo aver visto qualche foto della nuova struttura su Booking e la sua posizione rispetto al centro della città. La mail di Booking di ieri, invece, ci dice che la nostra sistemazione si trova in Rua de Cedofeita, 6. Non ci facciamo molte domande, dopotutto non abbiamo tempo per cambiare struttura. Sembra un po’ più lontana dal centro di quella che Booking ci ha proposto ad aprile e che noi abbiamo accettato, ma tant’è. Impostata la nuova destinazione sul navigatore di Gmaps, vediamo che dobbiamo scendere alla fermata metro di Lapa. A Campo 24 Agosto passano 5 linee di metro: la blu, la arancione, la viola, la rossa e la verde. Noi possiamo prenderne una a caso. Il biglietto della metro costa € 1,50 a persona. Non c’è bisogno di comperare carte ricaricabili come a Lisbona. Davanti alla macchinetta dove si acquistano i biglietti, una ragazza parla animatamente a voce alta al telefono. Scendiamo al piano di sotto dove corrono i binari, mentre lei continua a sbraitare alla persona all’altro capo dell’apparecchio. Non vorremmo essere nei suoi panni. Il primo treno che passa è della linea azzurra. E’ una metro leggera, quasi un tram, con solo due vagoni attaccati e non comunicanti tra loro. Ci saliamo sopra e scendiamo a Lapa, dopo tre fermate, una stazione che si trova superficie e che sembra un po’ isolata, quasi in campagna. Sta piovendo. Ci ripariamo sotto una piccola pensilina per i passeggeri e ci infiliamo le grandi mantelle rosse copri zaino, quindi scendiamo alla ricerca di Rua de Cedofeita. La zona ci sembra periferica, le case sono brutte e degradate. Niente a che vedere con quello che abbiamo visto a Lisbona. Alcuni bassi caseggiati di cemento ci accolgono svoltato l’angolo, in direzione della nostra meta. La via è in salita e gli zaini pesano. Ma in realtà il navigatore ci porta in un punto della via dove non c’è nulla. E soprattutto non ci porta in rua de Cedofeita.
Dispetti di Google Maps
Provo a fare nuove ricerche ma il navigatore si ostina a indirizzarci sempre nello stesso punto. Ci dirigiamo in cima alla via, in piazza della Repubblica e continuo a cercare rua de Cedofeita, ma nulla. Il navigatore proprio non ne vuol sapere: ci rimanda sempre allo stesso punto. Un ragazzo ci vede in difficoltà e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Gli dico che sto cercando rua de Cedofeita, ovviamente pronunciandola come è scritta, come se fosse in italiano. Mi corregge con la dizione (sedofeeiita) e mi dice che dobbiamo tornare indietro, in discesa, fino al semaforo in fondo in fondo, quando dobbiamo svoltare a sinistra: quella è rua de Cedofeita. Lo ringraziamo per la sua gentilezza. Lancio qualche leggera benedizione all’indirizzo di Mountain View e ai laboratori di sviluppo di Google Maps… Perché non ci ha indicato la via giusta e ci continua a mandare in quel punto di Rua de Boavista dove non c’è nulla se non studi di grafica e tipografie? Misteri informatici… Finalmente arriviamo in vista di Rua de Cedofeita. Siamo al civico 500 e noi dobbiamo arrivare al 6! Quindi la dobbiamo percorrere tutta fino alla fine. La via è lunghissima, gli zaini pesano, la mantella ci fa caldo, ma continuiamo a percorrerla. D’altronde non abbiamo altra scelta. Da un certo punto in poi, la via diventa isola pedonale. Cambia di colpo il decoro urbano e l’ornato dei palazzi: sembra un’altra città. Da qui è tutto molto bello e curato, niente a che vedere con la Rua de Boavista. Teniamo d’occhio i civici pari che scendono piano piano: 100, 88, 60, 44… Dal 40 si passa di colpo al 10, 8, 6: siamo arrivati! Ci avviciniamo al portoncino grigio e inseriamo nella pulsantiera il codice per la sua apertura che ci era arrivato per mail. Ma siamo al Carlos Alberto Apartments! In pratica l’appartamento si trova in piazza Carlos Alberto, ma siccome è ad angolo, l’entrata si trova in rua de Cedofeita, 6. A pensare che saremmo potuti arrivare per l’intinerario che avevo già stampato dalla stazione della metro di Trinidade! Ma le sorprese non sono finite. Facendo zoom out sul display dello smartphone, la cartina di Gmaps mi fa comparire il nome di Cedofeita. In pratica, il navigatore si ostinava a portarmi nel punto dove è stata posizionata la scritta che indica il quartiere di Cedofeita e non nella rua de Cedofeita! Benedetto Google Maps! Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo, ma se c’è ti fa arrabbiare.
Prima visita a Porto
Non possiamo subito fare il check-in e quindi lasciamo gli zaini all’interno del portone, dove non c’è anima viva, e ci dirigiamo in centro per una prima visita della città. A Porto dominano i colori scuri e il grigio. I palazzi sono generalmente di pietra scura, e anche le azulejos sono quasi sempre di tonalità scure. Domina il blu, il rosso porpora, il verde cupo. Poco distante da piazza Carlos Alberto, dove campeggia un monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale, si trova la chiesa del Carmine, completamente rivestita di azulejos. L’interno è di un barocco asfissiante che subito ci opprime, con statue vestite che ci ricordano quelle inquietanti delle cappelle di Oropa, in Piemonte. Non rimaniamo molto all’interno della chiesa, abbiamo bisogno di aria. A noi piace l’austera essenzialità del romanico, l’arditezza e la semplicità di linee del gotico, o al massimo l’eleganza del barocco romano, ma già sconfiniamo in qualcosa che secondo noi non risponde al nostro bisogno di religiosità. In Portogallo il barocco deve aver trovato un terreno fertilissimo tanto da straripare letteralmente in forme e decori eccessivamente lavorati ed arzigogolati, come in preda ad una specie di cieco e forsennato horror vacui che impone di non lasciar libero neppure un centimetro quadrato di architettura. Quasi come se quel centimetro quadrato libero mettesse in pericolo chi guarda e lo rendesse possibile preda di una peccaminosa immaginazione, diabolica e fuorviante. De gustibus. Ci troviamo nel quartiere di Vitòria, davanti all'Università di Oporto e a due passi dalla Torre dos Clérigos, il simbolo della città. E’ questa una costruzione opera di un architetto nostro connazionale, Niccolò Nasoni, eretta negli anni dal 1754 al 1763 su commissione della confraternita dei Clerigos Pobres (i chierici poveri). E’ alta ben 76 metri e praticamente si vede da ogni punto della città. La utilizzeremo come punto di riferimento per orientarci all’interno delle viuzze del centro.
L’appartamento di Rua de Cedofeita, 6 (o di Piazza Carlos Alberto?)
Dopo un caffè davanti alla Torre, torniamo all’appartamento. Entrati nel portoncino troviamo la busta con le chiavi e le altre istruzioni per il pagamento e il check-out di dopodomani. Saliamo al terzo e ultimo piano della palazzina in una scala buia. Si accende solo col nostro passaggio ma la luce è talmente fioca che a stento riesco ad infilare la chiave nella toppa. Il monolocale è molto carino. Anche qui domina il grigio, ma per fortuna è molto luminoso perché ha ben tre finestre e una porta finestra. Ci sistemiamo, ci docciamo e ci concediamo un bel riposino pomeridiamo fino a quando ci alziamo per andare a fare un po’ di spesa per la cena. L’appartamentino è dotato di una cucina nascosta all’interno di un armadio, con frigorifero, lavabo e forno a micro-onde. Ci ricordiamo che su Rua de Cedofeita c’è un negozio della catena Pingo Doҫe, una rete di 400 negozi che costellano il Portogallo e che vendono generi alimentari con la possibilità di consumare sul posto ciò che si acquista.
Digressione
Una piccola digressione. Il Portogallo sembra aver recepito in maniera egregia la cosiddetta Direttiva Europea sui Servizi, detta anche direttiva Bolkestein. Cosa che non succede ancora in Italia. Le farmacie sembrano davvero liberalizzate: ce ne sono parecchie e molto vicine tra loro. Le banche possiedono degli ATM della rete Multibanco, in pratica uno sportello dove è possibile usufruire di decine di servizi, da ricariche telefoniche a acquisto di biglietti per mezzi pubblici, e di prelevare denaro dal proprio circuito bancario senza commissioni (la quasi generalità degli operatori bancari portoghesi aderisce alla rete). I trasporti sono liberalizzati. All’interno delle città ci sono più compagnie che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale e grazie ai terminal “rodoviari”, molti gestori diversi assicurano i collegamenti con le principali città e località del Paese. Tornando a Pingo Doce e alla consumazione sul posto, per esperienza lavorativa personale (essendo io responsabile di due Sportelli Unici per le Attività Produttive di due diversi Comuni), non è raro che da noi la polizia municipale, ma anche i N.A.S. e la A.S.L., faccia storie dal punto di vista igienico sanitario, non ritenendo possibile la consumazione sul posto senza la licenza di esercizio pubblico…
L'inizio del Caminho Portoguẽs da Costa
Tornando alla città di Porto, alle 18 del pomeriggio la Rua de Cedofeita è piena di gente che la percorre. Da questa via comincia il Caminho Portoguẽs da Costa. Proprio sotto casa nostra è posizionato un bel cartello esplicativo e al centro della via si trova una vieira di segnalazione della direzione del cammino. Da qui a Santiago sono circa 250 kilometri. Pensiamo già a sabato mattina… Guardiamo un pellegrino con zaino e bastoncini dirigersi decisamente verso la via, che punta diritta a nord, e sparire tra la gente che passa. Questa sera per cena abbiamo del riso con “frango”, degli affettati locali e del formaggio con il buonissimo e soffice pão locale. Non usciamo questa sera, ci dedichiamo a scrivere appunti a cercare informazioni, a scrivere messaggi. Sotto di noi, su piazza Carlos Alberto e rua de Cedofeita, c’è molta vita. Un ristorante ha aperto i battenti e ha messo musica ad alto volume. Sono quattro o cinque brani reggae che girano in continuo loop. All’inizio è piacevole, ma sono sempre gli stessi pezzi e dopo un po’ comincia a dar fastidio. E la solfa durerà fino a notte tarda…
Ore 8,50. Dal terminal “rodoviario” di Fatima parte il nostro pullman per Porto. La compagnia è la Renex. Il tutto per € 18,00 a persona. Stavolta sappiamo dove dobbiamo sederci: lugar 3 e 4. La “viatura” invece è la 53, ma è una nota superflua. Il biglietto lo abbiamo fatto ieri pomeriggio usciti dal ristorantino dove abbiamo pranzato, a due-trecento metri dal terminal, in avenida dom Josè Alves Correia da Silva. Stamattina ci siamo alzati alle 7,00 e siamo scesi a colazione alle 8,00. I panini per pranzo li abbiamo preparati con il cibo della colazione. Nel tragitto verso il terminal siamo passati di nuovo in Santuario, per salutare la Madonna nella Cappellina delle Apparizioni e per un ultima preghiera di affidamento nelle sue braccia di Mamma. C’era la messa in italiano, a beneficio dei gruppi di pellegrini nostri connazionali. Ormai erano giunti al prefazio e noi non avevamo tempo per fermarci. Probabilmente la messa è cominciata alle 8,00. Lo avessimo saputo ci saremmo andati. Anche perché oggi è il 4 luglio: beato Pier Giorgio Frassati. Il “nostro” caro Pier Giorgio. Ci affrettiamo verso il terminal perché una pioggerellina primaverile comincia a scendere proprio quando arriviamo in Avenida da Silva. A due-trecento metri dal terminal la manda giù per bene, ma corriamo il più possibile sotto il peso dei nostri zaini per metterci al riparo all’interno. Alle 8,40 il pullman arriva e possiamo salire, dopo aver sistemato gli zaini nel bagagliaio. I nostri posti sono proprio davanti al vetro del parabrezza, nella fila di destra.
Il viaggio verso Porto
Teresa si assopisce un po’. Io invece resto sveglio a guardare il paesaggio che cambia durante il viaggio. L’autista continua a salutare con la mano sinistra ogni suo collega che incrocia nella corsia opposta dell’autostrada. E’ un saluto appena accennato alzando la mano senza staccare il palmo dal volante. Sono tantissimi i pullman incrociati, e ogni volta lui saluta, indipendentemente se i mezzi siano della Renex, della Rede Expressos o di altre compagnie rodoviarie. Deve essere una consuetudine perché penso che sia impossibile che si conoscano tutti. E comunque è bello anche questo. Il tempo invece non è bello e il sole non esce mai da dietro le nuvole. Il paesaggio all’inizio è simile a quello visto nel viaggio da Lisbona a Fatima, poi comincia a cambiare. I campi mi sembrano più organizzati e ordinati e cominciano a vedersi molti vigneti. Il Norte è la regione portoghese vocata alla vinicoltura e alla produzione del famoso vino di Porto. Da Fatima a Porto sono circa 190 km tutti percorsi sull’autostrada A1, l’arteria principale del paese, che lo attraversa longitudialmente dal sud al nord, per fermarsi a Ponte de Lima prima di trasformarsi in A3 e dirigersi verso la Galizia e la Spagna. Il pullman è puntualissimo. Sono le 10,50 quando ci fermiamo al terminal rodoviario di Porto, a pochi passi dalla stazione della metro di Campo 24 Agosto. Usciti dal terminal ci attendono nuovamente i nostri amici gabbiani, che volano nel cielo lanciando stridii altissimi.
Alla ricerca di Rua de Cedofeita
Rispetto alla destinazione iniziale, in piazza Carlos Alberto, una mail di Booking mi dice che la nostra casa si trova da un’altra parte, in rua de Cedofeita, 6. Un passo indietro. A gennaio, avevamo prenotato una stanza presso una struttura denominata Oporto City Flats. Il 24 aprile, mentre eravamo in aeroporto per imbarcarci per Malta, il servizio clienti di Booking ci contatta per dirci che la struttura non è disponibile, ma che la proprietà ci offre una sistemazione in un appartamento in piazza Carlos Alberto, denominato Carlos Alberto Apartments. Accettiamo la nuova sistemazione dopo aver visto qualche foto della nuova struttura su Booking e la sua posizione rispetto al centro della città. La mail di Booking di ieri, invece, ci dice che la nostra sistemazione si trova in Rua de Cedofeita, 6. Non ci facciamo molte domande, dopotutto non abbiamo tempo per cambiare struttura. Sembra un po’ più lontana dal centro di quella che Booking ci ha proposto ad aprile e che noi abbiamo accettato, ma tant’è. Impostata la nuova destinazione sul navigatore di Gmaps, vediamo che dobbiamo scendere alla fermata metro di Lapa. A Campo 24 Agosto passano 5 linee di metro: la blu, la arancione, la viola, la rossa e la verde. Noi possiamo prenderne una a caso. Il biglietto della metro costa € 1,50 a persona. Non c’è bisogno di comperare carte ricaricabili come a Lisbona. Davanti alla macchinetta dove si acquistano i biglietti, una ragazza parla animatamente a voce alta al telefono. Scendiamo al piano di sotto dove corrono i binari, mentre lei continua a sbraitare alla persona all’altro capo dell’apparecchio. Non vorremmo essere nei suoi panni. Il primo treno che passa è della linea azzurra. E’ una metro leggera, quasi un tram, con solo due vagoni attaccati e non comunicanti tra loro. Ci saliamo sopra e scendiamo a Lapa, dopo tre fermate, una stazione che si trova superficie e che sembra un po’ isolata, quasi in campagna. Sta piovendo. Ci ripariamo sotto una piccola pensilina per i passeggeri e ci infiliamo le grandi mantelle rosse copri zaino, quindi scendiamo alla ricerca di Rua de Cedofeita. La zona ci sembra periferica, le case sono brutte e degradate. Niente a che vedere con quello che abbiamo visto a Lisbona. Alcuni bassi caseggiati di cemento ci accolgono svoltato l’angolo, in direzione della nostra meta. La via è in salita e gli zaini pesano. Ma in realtà il navigatore ci porta in un punto della via dove non c’è nulla. E soprattutto non ci porta in rua de Cedofeita.
Dispetti di Google Maps
Provo a fare nuove ricerche ma il navigatore si ostina a indirizzarci sempre nello stesso punto. Ci dirigiamo in cima alla via, in piazza della Repubblica e continuo a cercare rua de Cedofeita, ma nulla. Il navigatore proprio non ne vuol sapere: ci rimanda sempre allo stesso punto. Un ragazzo ci vede in difficoltà e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Gli dico che sto cercando rua de Cedofeita, ovviamente pronunciandola come è scritta, come se fosse in italiano. Mi corregge con la dizione (sedofeeiita) e mi dice che dobbiamo tornare indietro, in discesa, fino al semaforo in fondo in fondo, quando dobbiamo svoltare a sinistra: quella è rua de Cedofeita. Lo ringraziamo per la sua gentilezza. Lancio qualche leggera benedizione all’indirizzo di Mountain View e ai laboratori di sviluppo di Google Maps… Perché non ci ha indicato la via giusta e ci continua a mandare in quel punto di Rua de Boavista dove non c’è nulla se non studi di grafica e tipografie? Misteri informatici… Finalmente arriviamo in vista di Rua de Cedofeita. Siamo al civico 500 e noi dobbiamo arrivare al 6! Quindi la dobbiamo percorrere tutta fino alla fine. La via è lunghissima, gli zaini pesano, la mantella ci fa caldo, ma continuiamo a percorrerla. D’altronde non abbiamo altra scelta. Da un certo punto in poi, la via diventa isola pedonale. Cambia di colpo il decoro urbano e l’ornato dei palazzi: sembra un’altra città. Da qui è tutto molto bello e curato, niente a che vedere con la Rua de Boavista. Teniamo d’occhio i civici pari che scendono piano piano: 100, 88, 60, 44… Dal 40 si passa di colpo al 10, 8, 6: siamo arrivati! Ci avviciniamo al portoncino grigio e inseriamo nella pulsantiera il codice per la sua apertura che ci era arrivato per mail. Ma siamo al Carlos Alberto Apartments! In pratica l’appartamento si trova in piazza Carlos Alberto, ma siccome è ad angolo, l’entrata si trova in rua de Cedofeita, 6. A pensare che saremmo potuti arrivare per l’intinerario che avevo già stampato dalla stazione della metro di Trinidade! Ma le sorprese non sono finite. Facendo zoom out sul display dello smartphone, la cartina di Gmaps mi fa comparire il nome di Cedofeita. In pratica, il navigatore si ostinava a portarmi nel punto dove è stata posizionata la scritta che indica il quartiere di Cedofeita e non nella rua de Cedofeita! Benedetto Google Maps! Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo, ma se c’è ti fa arrabbiare.
Prima visita a Porto
Non possiamo subito fare il check-in e quindi lasciamo gli zaini all’interno del portone, dove non c’è anima viva, e ci dirigiamo in centro per una prima visita della città. A Porto dominano i colori scuri e il grigio. I palazzi sono generalmente di pietra scura, e anche le azulejos sono quasi sempre di tonalità scure. Domina il blu, il rosso porpora, il verde cupo. Poco distante da piazza Carlos Alberto, dove campeggia un monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale, si trova la chiesa del Carmine, completamente rivestita di azulejos. L’interno è di un barocco asfissiante che subito ci opprime, con statue vestite che ci ricordano quelle inquietanti delle cappelle di Oropa, in Piemonte. Non rimaniamo molto all’interno della chiesa, abbiamo bisogno di aria. A noi piace l’austera essenzialità del romanico, l’arditezza e la semplicità di linee del gotico, o al massimo l’eleganza del barocco romano, ma già sconfiniamo in qualcosa che secondo noi non risponde al nostro bisogno di religiosità. In Portogallo il barocco deve aver trovato un terreno fertilissimo tanto da straripare letteralmente in forme e decori eccessivamente lavorati ed arzigogolati, come in preda ad una specie di cieco e forsennato horror vacui che impone di non lasciar libero neppure un centimetro quadrato di architettura. Quasi come se quel centimetro quadrato libero mettesse in pericolo chi guarda e lo rendesse possibile preda di una peccaminosa immaginazione, diabolica e fuorviante. De gustibus. Ci troviamo nel quartiere di Vitòria, davanti all'Università di Oporto e a due passi dalla Torre dos Clérigos, il simbolo della città. E’ questa una costruzione opera di un architetto nostro connazionale, Niccolò Nasoni, eretta negli anni dal 1754 al 1763 su commissione della confraternita dei Clerigos Pobres (i chierici poveri). E’ alta ben 76 metri e praticamente si vede da ogni punto della città. La utilizzeremo come punto di riferimento per orientarci all’interno delle viuzze del centro.
L’appartamento di Rua de Cedofeita, 6 (o di Piazza Carlos Alberto?)
Dopo un caffè davanti alla Torre, torniamo all’appartamento. Entrati nel portoncino troviamo la busta con le chiavi e le altre istruzioni per il pagamento e il check-out di dopodomani. Saliamo al terzo e ultimo piano della palazzina in una scala buia. Si accende solo col nostro passaggio ma la luce è talmente fioca che a stento riesco ad infilare la chiave nella toppa. Il monolocale è molto carino. Anche qui domina il grigio, ma per fortuna è molto luminoso perché ha ben tre finestre e una porta finestra. Ci sistemiamo, ci docciamo e ci concediamo un bel riposino pomeridiamo fino a quando ci alziamo per andare a fare un po’ di spesa per la cena. L’appartamentino è dotato di una cucina nascosta all’interno di un armadio, con frigorifero, lavabo e forno a micro-onde. Ci ricordiamo che su Rua de Cedofeita c’è un negozio della catena Pingo Doҫe, una rete di 400 negozi che costellano il Portogallo e che vendono generi alimentari con la possibilità di consumare sul posto ciò che si acquista.
Digressione
Una piccola digressione. Il Portogallo sembra aver recepito in maniera egregia la cosiddetta Direttiva Europea sui Servizi, detta anche direttiva Bolkestein. Cosa che non succede ancora in Italia. Le farmacie sembrano davvero liberalizzate: ce ne sono parecchie e molto vicine tra loro. Le banche possiedono degli ATM della rete Multibanco, in pratica uno sportello dove è possibile usufruire di decine di servizi, da ricariche telefoniche a acquisto di biglietti per mezzi pubblici, e di prelevare denaro dal proprio circuito bancario senza commissioni (la quasi generalità degli operatori bancari portoghesi aderisce alla rete). I trasporti sono liberalizzati. All’interno delle città ci sono più compagnie che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale e grazie ai terminal “rodoviari”, molti gestori diversi assicurano i collegamenti con le principali città e località del Paese. Tornando a Pingo Doce e alla consumazione sul posto, per esperienza lavorativa personale (essendo io responsabile di due Sportelli Unici per le Attività Produttive di due diversi Comuni), non è raro che da noi la polizia municipale, ma anche i N.A.S. e la A.S.L., faccia storie dal punto di vista igienico sanitario, non ritenendo possibile la consumazione sul posto senza la licenza di esercizio pubblico…
L'inizio del Caminho Portoguẽs da Costa
Tornando alla città di Porto, alle 18 del pomeriggio la Rua de Cedofeita è piena di gente che la percorre. Da questa via comincia il Caminho Portoguẽs da Costa. Proprio sotto casa nostra è posizionato un bel cartello esplicativo e al centro della via si trova una vieira di segnalazione della direzione del cammino. Da qui a Santiago sono circa 250 kilometri. Pensiamo già a sabato mattina… Guardiamo un pellegrino con zaino e bastoncini dirigersi decisamente verso la via, che punta diritta a nord, e sparire tra la gente che passa. Questa sera per cena abbiamo del riso con “frango”, degli affettati locali e del formaggio con il buonissimo e soffice pão locale. Non usciamo questa sera, ci dedichiamo a scrivere appunti a cercare informazioni, a scrivere messaggi. Sotto di noi, su piazza Carlos Alberto e rua de Cedofeita, c’è molta vita. Un ristorante ha aperto i battenti e ha messo musica ad alto volume. Sono quattro o cinque brani reggae che girano in continuo loop. All’inizio è piacevole, ma sono sempre gli stessi pezzi e dopo un po’ comincia a dar fastidio. E la solfa durerà fino a notte tarda…
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