Più o meno in tutte le case se ne possedeva uno. D’altro canto, le mosche si posavano sul cibo e pertanto bisognava eliminarle. Anzi, ammazzarle, detta in modo politicamente scorretto. Soprattutto perché non ci si poteva difendere ancora dalla loro noiosa molestia installando delle aristocratiche zanzariere – che nelle abitazioni avrebbero fatto la loro comparsa solo in tempi molto più recenti – ma solo con qualche rimedio casalingo, come potevano essere una tendina di leggerissima stoffa trasparente appesa alla finestra della cucina, o la mitica “tenda da bar” composta da tante strisce di plastica variopinta.
Capitava allora che in
qualche appiccicoso pomeriggio estivo, noi bambini venissimo incaricati dalle
mamme, indaffarate in cucina, di liberarle da queste fastidiose presenze. E subito
obbedivamo con piacere perché ci tuffavamo entusiasti in quello che per noi non
era altro che un gioco, dove per un po’ di tempo ci sembrava di calarci nei
panni di qualche mitico “cacciatore”, anche se solo di innocui insetti, per
quanto tediosissimi. Se si avevano a disposizione due ammazzamosche, scattava
automaticamente la gara a chi ammazzava più insetti e ci impegnavamo a fondo per
vincere quella sfida, ogni volta “del secolo”. Ovviamente senza curarci di
raccogliere da terra i cadaveri delle vittime prodotte dalla nostra caccia, che
rimaneva in giro per la casa fino a che a rimuoverle non ci avrebbero pensato
le nostre mamme. E quando le mosche erano davvero tante? Allora si faceva ricorso
al DDT. Ma questa la racconteremo a parte.
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