Ricordo ancora con dispiacere la data dell’ultima esibizione della banda comunale, o più precisamente, del complesso bandistico “Carlo e Annibale Chiassarini”: era domenica 13 maggio 1979, festa della Madonna delle Grazie. La banda – o meglio, quello che ne rimaneva – non appena ebbe finito di assolvere al suo compito di riaccompagnare la Sacra Immagine della Madonna fino alla chiesa di Santa Maria, si sciolse quel giorno definitivamente.
A quel tempo, con l’assoluta mancanza di una livrea comune, più che a un complesso bandistico la banda assomigliava molto di più a un’armata Brancaleone, talché ogni componente cercava alla bell’e meglio di indossare qualcosa che potesse in qualche modo avvicinarsi ad un’uniforme, anche se assolutamente tendente al casual, in un trionfo di jeans e maglioncini blu, peraltro di tutte le gradazioni esistenti in natura. D’altronde, fatta eccezione per l’ambito confraternale, la tendenza all’iconoclastia è stata sempre parte sostanziale del carattere dei capranichesi, che sin dai tempi antichi hanno finito col preferire modalità comportamentali ben più attente alla solida sostanza che non alla mutevole forma. Senonché, nel caso della banda, questa disomogeneità caciarona, era anche un vero e proprio sintomo del rapido disfacimento dell’istituzione, che l’avrebbe portata, di lì a poco, ad una fine tutt’altro che gloriosa.
Tuttavia, anche se non poteva certamente dirsi che la conclusione di quell’esperienza non fosse abbondantemente annunciata, molti capranichesi credevano ancora che in qualche modo, pur zoppicando, la banda continuasse a sopravvivere e ad allietare con le sue note, le feste civiche e religiose del paese. Perché quando la banda usciva dalla Sala Nardini, dove si radunava per fare le prove, era una vera e propria festa, e non si poteva immaginare di farne a meno. Quando percorreva le vie del paese, aveva sempre al suo seguito un nugolo di ragazzini chiassosi, di munelli, che festanti e allegri saltellavano di qua e di la, accompagnandola e seguendola lungo il tragitto. Come la accompagnava da presso, sempre presente ad ogni sua uscita, affiancato agli ottoni, una figura strana e discreta: Serafino De Luca, detto Panonto (pan unto, o intinto, che dir si voglia). Vestito esattamente come gli altri “banditi”, come si appellano tra loro i componenti della compagine, Panonto era il “bidello” della banda, e non c’era volta che non sfilasse insieme agli altri suoi compagni, come un qualunque musicante, orgogliosamente fiero di farne parte.
A noi ragazzini piaceva fischiettare o canticchiare i motivi delle
marcette che la banda eseguiva durante i momenti di festa e le
processioni. A volte giocavamo tra i vicoletti, ad imitarla con
strumenti improvvisati (ci accontentavamo di molto poco per divertirci),
come le lunghe forbici da sarta che, se aperte e chiuse ritmicamente a
tempo, ben riproducevano il suono dei piatti, oppure qualche imbuto
suonato a mo’ di tromba, o pentole usate come tamburi, mentre le nostre
voci servivano per fare il verso degli ottoni, ed il fischiettio di
qualche ragazzo più bravo, i flauti traversi ed i clarini. Ricordo
ancora le mitiche marcette che la banda comunale aveva in repertorio: Simona, che nei nostri giochi utilizzavamo per sottolineare momenti di contentezza e di allegria, e poi Galilea,
più solenne e maestosa, che invece ci accompagnava quando giocavamo a
fare le processioni tra i vicoli del paese. In particolare, l’incipit di Simona ci
piaceva canticchiarlo a commento e vera e propria colonna sonora di
situazioni buffe e divertenti, che ci facevano molto ridere, come quando
uno dei nostri compagni cadeva a terra dopo essere sbadatamente
scivolato, o – perché no? – quando riceveva qualche sonoro ceffone da
uno dei suoi genitori per aver combinato qualche guaio. Simona diventava così, in quei momenti divertenti, la giusta sottolineatura musicale a cornice dell’accaduto…
Nella foto a sinistra, quattro pezzi da novanta della banda comunale:
in primo piano Leone Lanzalonga (Leo'), rullantista, al centro Serafini De Luca (Panonto),
a sinistra Francesco Graziosi (zi' Checco).
Dietro, in secondo piano, alla grancassa, Sanarighi.
Nella foto a destra, la nuova prima tromba, Giuseppe Peppe Pontuale (a sx), e quella storica, Otello Fabbiani (a dx).
Per chi si rivolesse immergere – un po’ nostalgicamente – nel
“clima” delle marcette eseguite dalla banda musicale comunale, eccone un
paio da Youtube: le marce Simona (sopra) e Galilea (sotto), quest'ultima eseguita dalla Fanfara dei Carabinieri.
Ma vale la pena ripercorrere brevemente la storia ultrasettuagenaria e piena di successi, che quel lontano giorno di maggio del ‘79 si stava chiudendo. Eravamo nel 1906 quando per volere dell’Amministrazione Comunale, venne costituito il primo “patrio concerto” di Capranica, intitolato ai nostrani musicisti e compositori Carlo e Annibale Chiassarini. ‘A musica, come generalmente la banda veniva appellata dai capranichesi, venne affidata alla direzione del maestro Torquato Ancarani, che a quel tempo veniva addirittura stipendiato dal Comune. Musicista dalla vivace vena creativa, Ancarani, nella sua veste di compositore ci ha lasciato quel commovente brano che risponde al titolo di Stabat mater e che ancora oggi viene tradizionalmente eseguito il venerdì santo durante la processione del Cristo morto. Quello stesso brano durante il quale, ben prima dell’avvento del maestro Pontuale e dei suoi musicisti, recitava la parte del leone la storica “prima tromba” della banda, Otello Fabbiani. Nella seconda metà degli anni Trenta, arriva alla direzione della banda il maestro Guido Boccalini, che la lascerà solo sul finire degli anni Sessanta. Durante la sua direzione, severa e professionale, la banda vive forse il momento di massimo splendore. In questo periodo, grazie al vulcanico Pier Luigi Nicolini, ebbe addirittura l’onore di eseguire musiche originali di Alessandro Cicognini (autore di colonne sonore e musiche da cinema per registi del calibro di De Sica, Monicelli, Steno, Blasetti, Gallone), che con lo pseudonimo di “Icini”, vestì di musica i versi del “Dottore" dando vita a brani come “Viva Capranica!”, che diventerà ben presto il vero e proprio inno paesano, o “Piccola Verde Patria”, una romanza presentata per la prima volta in occasione delle celebrazioni civiche del VII luglio nel 1972, a San Francesco. L’8 settembre 1965, in occasione dell’inaugurazione del parco pubblico comunale a Corrado Nicolini, la banda ebbe l’onore di percorrere le vie del paese tappezzate per l’occasione di volantini – il cui artefice e regista fu Pier Luigi Nicolini – inneggianti “viva la banda comunale!” e “viva il maestro Boccalini!”.
Agli inizi degli anni Settanta arriva alla direzione della banda il maestro Amedeo Grasselli, un trombettista, ma il complesso bandistico comincia a vivere anni di lento declino che culminano, appunto nel 1979, con il suo scioglimento definitivo. Qualche timido tentativo di ricomposizione fu avviato negli anni successivi, ma non si concretizzò nemmeno in occasione degli anniversari centenari delle festività religiose che ricorsero durante la prima metà degli anni Ottanta. Toccherà quindi alle bande dei paesi vicini, e in particolare a quella di Anguillara Sabazia, ravvivare, nel 1983, i festeggiamenti per il 175° anniversario dell’incoronazione della Madonna delle Grazie, e a quella di Oriolo Romano, nel 1985, il 1850° anniversario del martirio di San Terenziano.
Nella seconda metà degli anni ’80, la svolta. Per la tenace iniziativa di Franco Paglia, assessore alla cultura durante l’amministrazione comunale presieduta dal sindaco Anselmo Crocicchia negli anni 1985-1990, la banda comunale venne finalmente ricostituita con la direzione del maestro Pierluigi Pontuale. Il 24 marzo 1989, in occasione della processione del venerdì santo, la banda fece il suo ritorno ufficiale per la gioia di tutti i capranichesi. Il resto è cronaca dei nostri giorni.
Il complesso bandistico “Carlo e Annibale Chiassarini” l'8 settembre 1965, lo stesso giorno dell'inaugurazione del Parco Pubblico "Corrado Nicolini" |
Sotto, il maestro Alessandro Cicognini, autore della musica di "Viva Capranica!", con lo pseudonimo di Icini |
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